Un dollaro alle banche o agli americani? La formidabile risposta di Bertoldi (con tanto di Friedman)

Qualche giorno fa ho letto una buona sintesi – buona dal punto di vista giornalistico, ovviamente – di quello che nel mio piccolo considero il cuore del problema della grande crisi economico-finanziaria iniziata ufficialmente nel 2008, ma in realtà prima, molto prima, quando si è chiesto, si è iniziato a chiedere alla finanza (spericolata) di sopperire alla carenza di risorse per il Welfare State e per retribuzioni adeguate alla nuova economia avanzata in paesi con demografia stanca e mercati in via di saturazione.

La sintesi era contenuta in una sontuosa recensione-riflessione apparsa sul New York Times Magazine di Andrew Ross Sorkin (l’autore di Too Big To Fail, per intenderci) a proposito del libro dell’ex segretario al Tesoro americano, Tim Geithner, intitolato Stress Test.

Il cuore del problema, anzi della soluzione (giusta o sbagliata?), in sintesi era ed è una domanda: “Perché dare un dollaro a una banca quando puoi dare un dollaro a un americano? Perché non dare loro un dollaro per aiutarli a pagare il mutuo?”. Ecco, questo era il centro del post di Danton intitolato La grande domanda del libro di Geithner. 

Lo ammetto, in cuor mio, da semplice giornalista, coltivo una leggere preferenza per la tesi dell’errore (mi è spesso piaciuto sintetizzarlo in una provocazione dal titolo Casa Banca), ovvero penso che forse sarebbe stato meglio dare direttamente il dollaro ai cittadini e all’economia reale, per esempio comprando tutti i mutui a rischio, piuttosto che alluvionare di liquidità le banche, ovvero quella finanza, che, tra i tanti meriti, può avere anche molti aspetti virtuali, se non irreali o perfino surreali.

Mai avrei pensato, con un piccolo post, di ottenere un’autorevole risposta, quella di Bernardo Bertoldi, economista, commentatore per il Sole 24 Ore e docente all’Università di Torino.

Eccola:

La domanda che pone Ross Sorkin è a mio parere fuorviante. Dando un dollaro alle banche si è dato molto più di un dollaro a un americano.

Friedman ha vinto il nobel con una delle equazioni più semplici e potenti dell’economia: M x V = P x Q. Dove M è la quantità di moneta stampata, V è la velocità con cui circola e quindi quanto le banche sono disposte a produrre nuova moneta facendo leva sui depositi dei loro clienti, P è il prezzo dei beni e Q è la quantità dei beni.

Nel caso in cui si voglia aumentare il PIL (PxQ) è sufficiente aumentare M stampando moneta o aumentare V incentivando le banche a mantenere meno riserve. Quando il PIL aumenta per effetto di Q si ha più “benessere” o meglio si hanno più cose, quando aumenta per effetto di P si ha inflazione e quindi un PIL che aumenta ma solo per un effetto monetario.

La formula dimostra come, avendo potere di stampa di moneta e un po’ di controllo sul sistema bancario, si può definire la crescita del PIL. È interessante notare come tutte le teorie economiche oggi insegnate ed utilizzate siano nate prima che il governatore della FED (e come si è visto oggi) della BCE avessero questo potere. Gli fu dato da Nixon il 16 agosto 1971 ( https://www.youtube.com/watch?v=iRzr1QU6K1o).

Nel 1980 la quantità di moneta e il PIL mondiale erano entrambi sui 10 trilioni, nel 2012 il PIL era circa 50/55 trilioni e gli asset finanziari circa 212 trilioni: ecco come siamo cresciuti in questi trent’anni.

I soldi alle banche sono serviti solo a non far diminuire V (del M x V), in quanto è la variabile più potente nella formula: moltiplica per 7-9 volte M, quindi ogni M data ad una banca ne mette nel sistema tra 7 e 9.

Il problema vero è far tornare gli asset finanziari a una misura simile al PIL, nummus nummum parere non potest diceva Aristotele. Tutte le forme di iniezione di liquidità, attività per definizione non convenzionale delle banche centrali, servono solo a comprarci il tempo per far salire il PIL mentre il totale degli asset finanziari deve scendere.

Nel 2009 (prima di ogni sospetto) ho scritto un paper discorsivo sull’argomento: Prospettive e morale della rendita di capitale.

Ora torno a scrivere di capitalismo familiare, di cui a differenze della macroeconomia, spero di capirne qualcosa…

A presto

Bernardo

  • Fla |

    Egregio, grazie a Lei. Sono d’accordo quando afferma che i tempi sono cambiati rispetto a Kaldor. E lo sono cambiati davvero. Per il modo in cui esiste la realtà virtuale, certo… O gli scambi informatici in tempo reale… ma in fatto di regole (finanziarie), sembra d’essere ritornati ai primi del ‘900 (cioè zero o quasi regolamentazione) quando venne creata la FED (nel 1913 dopo crisi del 1907) per ovviare ai boom and burst disastrosi che le pratiche spericolate degli intermediari finanziari causavano (arrivando fino al famoso ’29 ma qui andremmo su un altro piano…). La liquidità che Lei giustamente cita è mio avviso credit driven. Gli intermediari che a Lei proponevano il finanziamento a tassi agevolati pur non avendo un “collaterale” adeguato sono gli stessi che hanno concesso prestiti e mutui ai cosiddetti clienti “sub-prime” che, fallendo a catena non appena la FED (controllata dagli stessi banchieri che hanno “agevolato” la crisi, basti vedere dove hanno lavorato Geithner o Greenspan) innalzò i tassi per ovviare al surriscaldamento dell’economia statunitense in piena bolla immobiliare (per non parlare dei prestiti auto/studenteschi), hanno scatenato il disastro in cui ci troviamo. I bassi tassi erano una realtà ovunque al tempo e la sicurezza che il mercato si sarebbe “autoregolato” ciò che incoraggiava al prestito/debito ancorchè rischioso. Il problema fondamentale è la crescita a debito senza appunto un adeguato collaterale (il reddito). La “grande moderazione” ha di fatto tagliato la domanda (cfr. redditi USA e/o UEM) e l’unico modo per poter permettere alla classe media di accedere ad una casa o ad un’auto è stato il debito (privato). Con che cosa una persona avrebbe potuto permettersi tali “lussi” con redditi in calo? L’industria finanziaria ha ovviato a ciò… era tutti felici e contenti, fino a quando la bolla non è esplosa. Da quando il sistema è stato deregolamentato, tutto è esploso in maniera abnorme… liquidità, bolle, crisi… a mio avviso tutto quello che Lei giustamente elenca è figlio di questa deregulation sfrenata, in cui un sistema bancario capace di “creare moneta” (dico così per capirci anche se non tecnicamente corretto) ha distorto il valore degli asset tangibili, soprattutto negli USA ed in Europa…
    In merito a Triffin, io ricordo affermasse che il paese che emette moneta internazionale deve quindi accettare crescenti disavanzi delle partite correnti al fine di soddisfare la domanda mondiale di valuta di riserva, ma nello stesso tempo i crescenti deficit indeboliscono la fiducia nella solidità della moneta nazionale usata come riserva standard internazionale. Ciò che Zhou Xiaochuan ha riproposto nel suo discorso. Bretton Woods finisce appunto perchè l’oro è una risorsa finita. Finendolo, con che cosa gli USA avrebbero garantiro la “solidità” della loro moneta. Dopo il 1971 si è deciso di utilizzare come sottostante i tresury bills e altri impieghi “Made in USA” per coprire la domanda crescente di dollari (utilizzati dai richiedenti per pagare le loro transazioni nel commercio internazionale)… La Banca Centrale poi controlla il tasso al 99% (lo aveva perso come afferma Marc Lavoie in un suo famoso studio solo nei giorni immediatamente successivi al fallimento LB per ovvi motivi di “panico), in quanto lo fissa a metà fra overnight e tasso di rifinanziamento (grosso modo)… il “mercato” quindi ha il suo “benchmark” base su quanto la BC propone, non avviene di centro il contrario (non esisterebbe la BC)… Anche uno degli ultimi report della BoE afferma che ciò che fin’ora il mainstream ha taciuto… che l’attuale sistema bancario è sbagliato e che fin’ora non si è raccontato la verità http://www.theguardian.com/commentisfree/2014/mar/18/truth-money-iou-bank-of-england-austerity . Spero di non aver tediato Lei e i lettori. Con questo chiudo, La ringrazio per la sua disponibilità e la saluto cordialmente.

  • bernardo |

    Grazie per la segnalazione di Kaldor, la lettura è stata molto interessante. Provo a rispondere alle molte osservazioni:
    1) Kaldor poteva aver ragione nel 1982, quando asset finanziari e PIL erano circa uguali. Quando il rapporto è di circa 5 a 1 credo tenga meno. Nel 2006 ero ad Harvard e considerando Boston una bella città ho visto qualche piccolo appartamento con l’idea di fare un investimento. Dopo qualche giorno un intermediario mi contattò offrendomi tre diverse opzioni di mutuo, tutti finanziavano più del 100% dell’investimento, ed io negli USA avevo un conto corrente di pochi dollari e un permesso come ricercatore. Ai tempi di Kaldor tutto questo non esisteva. Delle due l’una: o nel momento in cui avessi deciso di acquistare la casa il sistema avrebbe generato la moneta necessaria per seguire il trend degli investimenti o, come temo, l’intermediario e le banche stavano cercando nuovi modi per utilizzare una liquidità che esisteva già e in tale abbondanza da cercare disperatamente qualche tipo di impiego.
    2) Non è il dilemma di Triffin ad aver finito il Dollar Standard. Lo spiega Paul Volcker (http://www.amazon.com/Changing-Fortunes-Worlds-American-Leadership/dp/0812922182 ), che il 14 agosto era con Nixon e Johnson a Camp David come presidente della FED. L’eccesso di liquidità negli USA aveva portato ad un eccesso di cambio di sterline vs dollari. Nel caso previsto da Triffin si sarebbe optato per il Bancor, come ha confermato non troppo tempo fa Zhou Xiaochuan, presidente della Banca Cinese e il più assillato dal dilemma (http://www.bis.org/review/r090402c.pdf )
    3) Il potere della banca centrale era quello di controllare il tasso di interesse, lo era prima che la quantità di moneta superasse qualsiasi limite di buon senso. Come illustrato da Gagnon e Sack (http://www.piie.com/publications/pb/pb14-4.pdf) la FED non ha già più la capacità di controllare il tasso di interesse.
    4) Sarebbe fondamentale lo spostamento sul lato della domanda di moneta, ma questo comporterebbe, essendo la quantità di asset finanziari 5 volte il PIL, la capacità di assorbire in investimenti reali 5 volte ciò che da questi investimenti viene prodotto. Sino a che le due grandezze non si riequilibreranno alla liquidità in eccesso non resterà che impiegarsi in derivati sintetici di investimenti reali.

    Grazie per la stimolante discussione.

  • Fla |

    Egregio, grazie. Ho letto il paragrafo. Ma non sono convinto. Ad esempio, il motivo per cui il Dollar Standard è finito nel 1971 è ben spiegato nel dilemma di Triffin. Gli USA non avevano tutto l’oro che Francia (e Germania se non erro) richiedevano per redimere le promesse di pagamento (i dollari). Mi permetto di segnalarle Kaldor, N. 1982. “The Scourge of Monetarism, Oxford University Press, Oxford and New York.”. Ma credo che Lei lo abbia già letto. A mio avviso, e normalmente, la creazione di moneta è “credit-driven”. La moneta è creata dalle banche (sotto forma di mutui, prestiti ecc.) e la sua quantità è determinata dalla domanda del settore privato (imprese/famiglie). Il potere di una banca centrale non è percioò quello di stampare, bensì quello di controllare il tasso di interesse che E’ il prezzo della cosiddetta “credit-money”. Il Sig. Galimberti nel suo articolo praticamente dice questo. Sposta l’ago della bilancia sulla “domanda” invece che sull’ “offerta” di domanda. Un cambio di prospettiva semplice. Tuttavia fondamentale. Cordiali saluti.

  • Bernardo |

    Ringrazio il dott. Bellasio per aver dedicato spazio a una mia considerazione su un blog intelligente e interessante.
    lo dimostra il fatto che entrambi i commenti sono centratissimi:
    AG ha ragione, infatti come scritto bisogna unire ad M un po’ di controllo sul sistema bancario.
    A FLA rispondo con il link al paper scritto e lo invito a leggere il paragrafo 1.4 Il cavallo non beve… anzi è ubriaco

    https://dl.dropboxusercontent.com/u/3205857/20100216%20-%20PROSPETTIVE%20E%20MORALE%20DELLA%20RENDITA%20DI%20CAPITALE.pdf

    Grazie per l’attenzione

  • Fla |

    Fabrizio Galimberti oggi sul Sole24ore scrive: “…non basta portare l’acqua al cavallo, bisogna anche che questo abbia voglia di bere. Se il cavallo non beve, la Bce può creare liquidità e le banche la possono offrire, ma in ultima analisi il credito, per irrorare l’economia reale, ha bisogno che ci sia chi lo chiede. Il che ci porta al problema fondamentale: quel che frena l’economia, in Europa in generale e in Italia in particolare, è la mancanza di credito o la mancanza di domanda?”.
    Cosa risponderebbe quindi il prof. Bertoldi a questa enunciazione che di fatto rende irrilevante la teoria quantitativa della moneta (come eminenti studiosi quali Wynne Godley, Nicholas Kaldor e molti altri hanno da decenni già spiegato)? Come può tale formula (di Friedman) essere utile allo studio dell’attuale crisi, visto che il moltiplicatore monetario a conti fatti non esiste, in quanto la banca commerciale/investimento prima presta e solo in un secondo momento si rivolge alla Banca Centrale? Come può quindi una teoria che ribalta all’opposto quello che accade nella realtà essere utilizzata al fine di affermare che, si, un dollaro alle banche è speso bene, mentre un dollaro alle famiglie è speso male? E’ il monetarismo che ci ha infilato nel cul de sac in cui troviamo. Pretendere di risolvere i nostri problemi con ciò che li ha effettivamente creati (e quindi con gli studiosi che continuano a propagandarlo), non mi sembra la soluzione ottimale. Saluti.

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