Silvio Berlusconi ha (ri)parlato di presidenzialismo. Perché? Intanto perché ne ha sempre parlato. Su questo fronte è stato sempre coerente: sulle leggi elettorali non tanto, sul federalismo a fasi alterne, ma sul presidenzialismo sì. Poi ci sono due o tre motivi tattici e uno o due più strategici. Parlandone lui, anticipa e previene un’iniziativa in tal senso di Angelino Alfano. Lanciando il presidenzialismo, può attaccare indirettamente il presidente Napolitano, ridimostrandosi battagliero agli occhi dei suoi. Inoltre, parlando di presidenzialismo torna a dire qualcosa di proprio e non a giocare soltanto di sponda con Matteo Renzi sulle riforme. Infine, fissando un obiettivo in ogni caso lontano nel tempo e logicamente successivo alle riforme oggi in discussione, segnala ai suoi elettori che, nonostante il tratto di strada da fare ora assieme al Partito democratico su legge elettorale, Senato e Titolo V, poi in futuro i due poli torneranno a dividersi, le strade a separarsi. Infine, e questo forse è l’aspetto più strategico, dicendo “presidenzialismo” dà al processo di riforme in atto quello che forse manca: una cornice (istituzionale) chiara. Insomma Berlusconi dice: stiamo facendo la riforma elettorale, quella del Senato e quella delle autonomie perché vogliamo (lui in realtà: voglio) arrivare alla tanto agognata Repubblica presidenziale.
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