Berlusconi vuole essere invitato alla Leopolda di centrodestra, qualcuno la faccia

Appena passata la notte elettorale, Silvio Berlusconi ha pensato subito di colmare il vuoto di leadership, però al Milan, scegliendo Filippo Inzaghi e accantonando Clarence Seedorf. Giusto o sbagliato? Lo dirà presto il campo. Il problema è che al Milan va ancora così: decide Berlusconi perché vuole decidere Berlusconi. E’ possibile che voglia fare altrettanto anche in politica, anche nel centrodestra, anche in Forza Italia, anche in famiglia. E’ ovvio che dal punto di vista di e dei Berlusconi l’idea della figlia Marina in battaglia per difendere l’eredità (politica) del padre ha una potenza narrativa, nonostante tutto, notevole. Ma la situazione di Berlusconi è oggi molto particolare. Intanto l’ex premier è il re dei realisti: pur sapendo benissimo vendere sogni, progetti e futuro, non perde mai il contatto con la realtà delle (sue) cose. Sa che la sua storia politica ha preso una piega e su quella piega intende scrivere quel che può. Tradotto: è disposto a trattare con Matteo Renzi per fare alcune riforme e restare così decisivo nell’iter di certi processi politici e mantenere così in vita un movimento che, nonostante tutto, ha appena raccolto il 16 per cento dei consensi. Essendo realista sa però che bisogna pur cambiare qualcosa e preparare qualcosa per il futuro. Ci ha provato con Giovanni Toti, ci riproverà. Oltre a essere realista poi è un mago delle negoziazioni, Berlusconi, delle trattative. Avendo eliminato, usurato, logorato, isolato tutti i rivali/delfini interni nel corso degli anni, adesso si trova nella felice (per lui) posizione di non avere ancora reali alternative – il risultato del Nuovo centrodestra in proposito è stato abbastanza chiaro – ma nella infelice posizione di non avere un reale successore da scegliere. E’ ovvio che lui in fondo non vorrebbe sceglierlo, perché si vede ancora in campo. Ma da realista sa che deve almeno prepararlo. Oppure trattare con chi vuole riorganizzare, federare e guidare il nuovo fronte centrodestro dello scenario politico. Dunque? Dunque c’è uno spazio di azione, una prateria per la verità, sebbene ben sorvegliata dall’ex Cav. I nomi sono tanti, mancano i fatti. Ci sono nomi interni a Forza Italia: Alessandro Cattaneo, Raffaele Fitto, Mara Carfagna. Ci sono nomi del Nuovo centrodestra non invisi a Forza Italia: Maurizio Lupi. Ci sono Giorgia Meloni e Guido Crosetto che comunque una storia l’hanno raccontata. C’è Matteo Salvini che ha rianimato la Lega con una scelta ardita – da autonomisti nordici in Italia a nazionalisti italiani in Europa? – ma azzeccata dal punto di vista politico-elettorale. C’è il sindaco (post)leghista di Verona, Flavio Tosi, che gode di consensi anche nazionali. Ci sono oustsider di peso che arrivano da fuori: l’iniziativa più pensata pare oggi quella di Corrado Passera e della sua Italia Unica. Questo di Passera pare il tentativo più nuovo, il tempo dirà quanto solido e vivace. Non mancano dunque i nomi, perfino altri ce ne potrebbero essere. Il problema è che mancano i fatti. E’ ovvio che c’è bisogno di una Leopolda di centrodestra, il problema è che le Leopolde, intese come (ri)partenze di un progetto politico dirompente, non si pianificano, non si chiedono, non si cooptano, si fanno. Semmai si copiano: il modello Renzi è lì. Chi se la sente parta, si batta, non aspetti qualcuno che dica: vai! La sensazione è che anche Silvio Berlusconi non stia aspettando altro: un nuovo progetto, un nuovo leader, una nuova storia da raccontare, con cui trattare, su cui magari, con calma, appoggiare la sua benevolente mano di padre nobile fiaccato ma non domo, ai servizi sociali ma anche ancora un po’ al servizio della politica e a suo modo del paese. Se qualcuno trova il coraggio di fare la Leopolda di centrodestra, Berlusconi ci viene, se invitato e se serve. Se no, tratta da lontano stavolta. Perché Berlusconi sa che il centrodestra non è il Milan. Lo sa? Però sono gli altri che ora non hanno più troppi alibi: lo spazio c’è, il coraggio e le idee?