A questo punto una cosa di sinistra ha senso. Ricapitoliamo. Maurizio Landini è già in piazza, oltre che spesso spesso in tv. Pippo Civati ha spiegato a Radio 24 che l’ala bersaniana del Pd fa male a votare la fiducia sul Jobs Act e così ha nettamente marcato il confine tra la sinistra che probabilmente uscirà dal Pd, la sua, e quella che invece nonostante tutto ci resterà, la vecchia guardia. La lista Tsipras, bene o male, alle Europee il suo onesto 4 per cento lo ha preso e anche qui è il caso di dire: nonostante tutto. I dissidenti pentastellati e poco circomassimati crescono in numero e anche in esposizione mediatica dei loro leader, ma prima o poi avranno bisogno di una nuova casa (vedi il fallito esperimento di Parma con il sindaco Federico Pizzarotti dialogante almeno con una parte del Pd). Matteo Renzi, inoltre, ha già traghettato il corpaccione del più grande partito della sinistra oltre la socialdemocrazia tradizionalmente riconosciuta e se c’è qualcuno che vuole incaricarsi di raccogliere i voti in uscita dal declinante movimento grillino, rappresentando quel che resta di una sinistra radicale in fase di riorganizzazione, non ha certamente nulla in contrario. Infine, beh, il clima elettorale è nei fatti (o quasi). Dunque, una cosa di sinistra a sinistra del Pd oggi ha senso, soprattutto se la legge elettorale lascia spazi di manovra. Quindi tra oggi e domani (se il dibattito sulla fiducia al Jobs Act fosse prima alla Camera lo si capirebbe anche prima) si capirà come e quando nascerà questa cosa a sinistra del Pd. Intanto le primarie per la leadership tra Landini e Civati sono iniziate da tempo, non è detto neanche che alla fine non sfocino in un ticket alla guida della Die linke italiana. Entrambi peraltro, Landini e Civati, a fasi alterne con Renzi si sono intesi eccome, insomma si conoscono.
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