Nella differenza tra “del” e “per” il Mediterraneo ci sono tutte le carenze europee sulla Libia e dintorni

Con colpevole ma ormai scontato ritardo, come hanno scritto sul Sole 24 Ore Giuliano Amato e Christian Rocca, oggi forse l'Europa tirerà fuori il suo solito comunicato di condanna delle repressioni per quanto riguarda la Libia. Il problema però è un altro ed è di strategia. Fino a qualche mese fa, per esempio, il presidente francese, Nicolas Sarkozy, proponeva ai partner europei, anzi quasi pretendeva, di creare un'Unione del Mediterraneo. In sostanza, puntava a spostare il baricentro dell'Unione europea verso Sud – obiettivo buono e giusto – almeno come proiezione geopolitica. Da quel "del", però, sorgeva il sospetto che si trattasse di un'opera di stabilizzazione, di presa d'atto dello status quo, per meglio favorire il business, senza troppo occuparsi del resto. Con chi avremmo dovuto fare, noi europei, questa Unione "del" mediterraneo? Con Mubarak, con Gheddafi (che peraltro sul punto era molto refrattario), con Ben Ali? Perfetto, si fa per dire, e come si vede molto rischioso. Nel mondo globale l'idealismo sembra sempre di più la miglior forma di realismo, anche in affari. Allora, per fortuna, la cancelliera tedesca Angela Merkel, frenando per suo interesse nazionale, una proiezione troppo marcata a Sud per l'Europa, suggerì (e poi alla fine ottenne): chiamiamola Unione "per" il Mediterrraneo. Forse era ed è soltanto lana caprina lessicale, sicuramente il tutto nasceva dal solito confronto/scontro tra interessi nazionali tra Parigi e Berlino, ma in quel "per" c'è qualche speranza in più. Giusta la proiezione verso Sud, per l'Europa, ma senza dimenticare mai la proiezione verso il futuro, le libertà e la democrazia, e dunque la stabilità economica e giuridica, della sponda sud del Mediterraneo. "Per" un nuovo Mediterraneo.

  • Gioacchino Clesi |

    Nel maggio del 2010, in un bellissimo articolo, il giornalista free-lance Fulvio Beltrami, su Dillinger.it, scriveva: “Nei rapporti diplomatici con i vari stati africani, la Cina adotta la tattica Europea ed Americana del “Strong Men”: l’appoggio incondizionato ad un dittatore per curare gli interessi delle multinazionali nel paese e prevenire la nascita di una forte societa’ civile.
    Il lavoro dell’Uomo Forte e’ quello di creare delle societa’deboli, povere ed etnicamente divisi, che non abbiano alcuna possibilita’ di ostacolare le fortune del Strong Man, del suo cerchio di amicizie personali e i capitali stranieri. Lo Stato diventa un’apparato privato dove non ci sono cittadini ma sudditi. Il concetto stesso della nazione scompare per far posto a quello del reame.” Tocchiamo con mano, oggi, il fallimento di quella politica. E la lungimiranza di Mattei, e di chi, poi, spesso etichettato “di sinistra”, predica politiche estere che puntino sull’affermarsi dei diritti umani e di una più equa distribuzione dei beni per creare stabilità politica.

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