Ogni volta che sento parlare (del ritorno) dell'idea di ristrutturare il debito greco mi torna in mente un articolo di Otmar Issing, già capo economista della Bundesbank della Banca centrale europea, pubblicato sul Sole 24 Ore il 10 dicembre 2010. Eccolo:
Il default non sia un tabù. Soltanto una minaccia credibile può innescare prassi virtuose
Lo stesso Issing aveva poi ribadito la sua analisi in un'intervista al Sole 24 Ore dell'11 febbraio 2010. Eccola:
«Salvare la Grecia provocherà un effetto domino»
Che queste idee di Issing mi sembrassero, nel mio piccolo, particolarmente lucide e profetiche lo avevo scritto su Danton e sul Sole 24 Ore. Ecco come:
"Meglio il default subito". Aveva ragione Issing?
Ora però, nel ricordare che qualcuno come Issing, dunque non proprio l'ultimo arrivato, aveva previsto quello che sarebbe successo, cioè che avremmo salvato temporaneamente la Grecia e che questo però non sarebbe bastato a salvarla effettivamente e avrebbe anzi provocato un effetto domino del contagio debitorio, sorge una domanda, anzi ne sorgono due.
La prima: quanto abbiamo speso o spenderemo in tasse and co., noi contribuenti europei, per aver tentato di salvare la Grecia, senza peraltro riuscirci, a quanto pare visti gli ultimi timori dei mercati?
La seconda: come si fa a stupirsi del fatto che gli islandesi votano "no" alla proposta di pagare di tasca propria le banche e i risparmiatori di altri paesi o del fatto che in Finlandia ottiene un grande successo un partito che si oppone ai bailout, ai piani di salvataggio, se gli stessi piani di salvataggio costano tanto e non ottengono neanche lo scopo promesso?