L’eterno ritorno dell’identico copione europeo non rassicura i mercati (e gli europei)
Come ha spiegato Lucrezia Reichlin sul Corriere della sera di oggi, “ancora una volta i tempi della politica e quelli dell’economia sembrano non coincidere”. Soprattutto in Europa. Ogni volta che sui mercati o su qualche debito sovrano soffia vento da tempesta perfetta che si fa? Si convoca un vertice, meglio ancora se “straordinario” e “d’urgenza”. Si creano cosi’ aspettative salvifiche e da annuncio di arma fine di mondo contro la crisi, ma poi si partorisce un documento generico, che dovra’ essere approfondito nei dettagli nei mesi a venire, con corredo di conferenza stampa in cui dire, come hanno fatto buoni ultimi il cancelliere tedesco Angela Merkel e il presidente francese Nicolas Sarkozy, che serve un governo dell’euro, che insomma bisogna creare davvero l’unione politica per sostenere quella monetaria. Tutto giusto, giustissimo, sacrosanto, talmente giusto che lo si ripete tutte le volte che serve senza poi davvero realizzare il progetto, frustrando cosi le speranze e i mercati.
L’unione politica non si proclama, si fa, con gesti concreti, vertice dopo vertice, possibilmente non straordinari.
Qual e’ infatti la soluzione trovata da Parigi e Berlino per dare un governo all’euro? L’istituzione dell’ennesima riunione dell’ennesimo consiglio guidato dal “carismatico” e gia’ molto efficace – chiedo scusa per l’ironia al limite del sarcasmo – presidente Van Rompuy. Non sono le riunioni a rassicurare i mercati ma le decisioni chiare, nette e rapide. Invece l’Europa di oggi e’ un continuo divenire, e in parte e’ naturale sia cosi’, che non da’ certezze e regole e punti di riferimento chiari.
Dei piani di salvataggio della Grecia si e’ perso il conto (e il calcolo delle risorse stanziate) e comunque si sta ancora lavorando ai dettagli dell’ultima versione annunciata a inizio luglio e pronta forse a fine settembre.
Per non parlare del fondo salva stati che ha un numero di versioni possibili e di interpretazioni tali da superare la quantita’ di paesi dell’Ue. Eurobond si’, no, forse. Adesso si minaccia perfino il taglio dei fondi ai paesi che non rispettano le regole europee. L’idea non sarebbe male in termini di rispetto della regola dell’azzardo morale e di responsabilizzazione dei governi, se solo non rischiasse di spaccare definitivamente l’unione in ricchi contro poveri, buoni contro cattivi, simpatici contro antipatici. E se solo non sembrasse paradossale tagliare i fondi a chi ne ha più bisogno. E se solo tutti, anche paesi forti come Germania e Francia, non avessero mandato in soffitta i parametri del patto giustamente definito stupido da Romano Prodi quando faceva comodo (anche a loro).
Il moltiplicarsi di consigli e organi e riunioni serve solo a moltiplicare i luoghi dove discutere senza riuscire a decidere perche’ gli stati e i governi nazionali, proclamando a parole che serve un governo dell’euro, poi alimentano nei fatti i contrasti tra interessi nazionali, in una riedizione velleitaria e almeno in parte ridicola di antiche grandeur e controproducenti nazionalismi, come denunciano da anni leader veramente federalisti europei come Marco Pannella.
Servirebbero meno riunioni, meno piani fumosi, più regole chiare, decisioni nette, un vero piano per gli eurobond, un governo dell’euro o almeno un mister euro carismatico abbastanza da poter rispondere senza problemi al telefono quando chiama Kissinger o chi per lui. E’ pretendere troppo?