E se Abu Mazen avesse fatto la scelta giusta anche per Israele?

La mossa di Mahmoud Abbas, alias Abu Mazen, era ed è rivolta soprattutto al suo popolo e – si spera presto – al suo elettorato. L'idea di richiedere all'Onu lo status ufficiale da membro come stato era ed è tesa soprattutto a (ri)conquistare consensi in patria. E così è stato.

Certo è che può avere effetti positivi anche per la regione più in generale.

Primo, canalizzare la rabbia verso una richiesta diplomatica è sempre meglio di quel che fece Yasser Arafat che, sceso dall'aereo dopo il fallimento di Camp David, fece il segno della vittoria e scatenò un'Intifada.

Secondo, la richiesta all'Onu riattiva il processo di pace su un principio che, per fortuna, è ormai ovvio: due popoli, due stati.

Terzo, Abu Mazen richiama così l'attenzione del presidente degli Stati Uniti Barack Obama, per dire: ehi, guarda che la strategia leading fom behind non funziona tra palestinesi e israeliani.

Quarto, Abu Mazen, richiedendo all'Onu il riconoscimento dello stato, spinge (indirettamente) anche Hamas, con cui vige un patto di non belligeranza, ad accettare implicitamente il principio ovvio dei due popoli e due stati.

Quinto, perfino Israele potrebbe cogliere elementi di speranza nella richiesta: il più o meno congelamento dello status quo sta diventando linea predominante tra i palestinesi; ora sarà più facile vedere chi davvero si oppone al principio "due popoli e due stati"; avere a che fare con un quasi stato è molto più facile che avere a che fare con gruppi armati, partiti combattenti e un pulviscolo di clan.

Speriamo in bene.

Ps. E' curioso notare che a inaugurare la politica degli atti unilaterali nella politica mediorientale fu il premier israeliano, Ariel Sharon, quando ordinò il ritiro da Gaza.

Oggi anche Abu Mazen opta, nell'assenza della grande diplomazia, per un atto unilaterale. Chissà che gli atti unilaterali non possano avere più chance di arrivare a una pace bilaterale di tanti summit o tentativi bilaterali…