In queste ore nei corridoi della politica si parla del dopo, dei prossimi giorni, mesi della vita parlamentare. Sicuramente, in termini molto meno politicisti, ma certamente più istituzionali, se ne è parlato anche nelle consultazioni informali avviate dal Quirinale per verificare che ci sia in Parlamento un largo consenso indispensabile per varare misure urgenti ed efficaci per l'Italia.
Si parla del dopo Berlusconi, meglio: del dopo questo governo. Perché non è affatto detto che Silvio Berlusconi non voglia giocare un ruolo politico forte, anche se non da premier, pure nei prossimi mesi. Anche se – questo è certo – stavolta l'uscita di Berlusconi da Palazzo Chigi segnerà la fine ("finale") del berlusconismo. A meno che, ipotesi difficile ma dal punto di vista di Berlusconi auspicabile, non vada a finire con un'appendice, una specie di postfazione al berlusconismo, se, come scrive sul Foglio il direttore Giuliano Ferrara, si va "alle elezioni, naturalmente". Il voto subito però, dopo un'eventuale sfiducia al governo, avrebbe molti meno sostenitori di oggi. Sebbene le date già circolino, Sky Tg 24 ha citato quella del 29 gennaio.
Ma ora che due deputati del Pdl, Alessio Bonciani e Ida D'Ippolito, sono passati all'Udc, ora che la lettera degli "scontenti" fa impazzire il calendario della politica – cade martedì, no mercoledì, il 9, anzi no perché la prossima settimana è protagonista il Senato, dove la maggioranza è maggioranza, e allora cade il 15 alla Camera, no cade il 21 o il 24 sul maxi emendamento, sempre alla Camera – ora, agenda a parte, noi italiani, popolo di retroscenisti, parliamo di tre ipotesi, quelle che circolano di più nei corridoi della politica. Eccole.
La prima ipotesi. La lettera degli scontenti, letta attentamente, potrebbe anche essere interpretata, come dice Giorgio Stracquadanio, già fedelissimo del Cav., come un atto di amore nei confronti del premier, come uno sprone a uno scatto di reni, come un invito a un Berlusconi bis, senza Giulio Tremonti, ma con una maggioranza allargata. Azzardato. Il tutto è molto improbabile. Soprattutto perché nella lettera degli "scontenti" l'invito ad allargare la maggioranza, ben sapendo che la prima condizione posta da Pier Ferdinando Casini e Gianfranco Fini, leader del Terzo polo, è quella che Berlusconi non sia più premier, equivale a chiedere un passo indietro del Cav. In questo scenario, comunque, attenti alle sorprese radicali. Questa mattina alla radio (radicale) Marco Pannella, infatti, parlava di Facta/Berlusconi… e per evitare quel che viene dopo Facta…
La seconda ipotesi è il governo di Mario Monti (o simili), auspicato in queste ore dall'ex premier Massimo D'Alema, che può assumere a sua volta due vesti diverse: quella più tradizionale del governo tecnico con compiti limitati ed elezioni alle viste oppure quella di un governo di responsabilità, di un esecutivo di emergenza appoggiato dal maggior numero di forze in Parlamento. Questa seconda ipotesi di esecutivo potrebbe prevedere tempi più lunghi in quanto a durata. Ma la domanda è: che interesse avrebbe il centrosinistra, in particolare il Partito democratico, a sostenere un governo che dovrebbe applicare le misure richieste dalla Banca centrale europea, e per di più con la prospettiva di arrivare magari fino alla fine della legislatura? Ah, beh, forse logorare Matteo Renzi… Forse per timore che si candidi…
La terza ipotesi, quella data per più probabile, è un governo di centro-centrodestra, ovvero l'attuale maggioranza allargata al Terzo polo, guidata da Palazzo Chigi da un esponente del Pdl. Il leader dell'Udc, Pier Ferdinando Casini, in queste ore però ipotizza un governo di larghe intese. Questa maggioranza allargata è abbastanza larga? Inoltre il problema sarebbe la Lega, che si dividerebbe tra chi chiederebbe subito le elezioni, come Umberto Bossi ha già detto, e chi invece sarebbe tentato, l'ala maroniana del partito.
Insomma, ancora una volta, in politica, il proliferare delle ipotesi sembra voler dire che una vera alternativa, uno schema di gioco politico nuovo, forse è in via di composizione ma ancora non c'è. E la politica non ammette vuoti. Finché non c'è una vera alternativa sopravvive lo status quo, magari sfilacciandosi sempre più. Quello che è certo, per fortuna, è che è sempre più chiaro a tutti che il programma di questo o dell'eventuale prossimo governo è la lettera della Bce, o se preferite: la lettera all'Ue.
Quali sono i partiti presenti in Parlamento disposti a votare un governo che abbia come programma la lettera della Bce?
Pdl e partiti satellite – sì
Udc – sì
Fli – sì
Api – sì
Radicali eletti nel Pd – sì
Lega – no (con divisioni interne)
Pd – no (con forti divisioni interne)
Idv – no
(Sel di Nichi Vendola non è presente in Parlamento ma voterebbe no)
Alla lista si aggiungerebbe la Lega se il programma fosse quello contenuto nella lettera all'Ue (ovvero con una riforma più morbida delle pensioni).