Immagini di repertorio, 2004, un ragazzo guarda in camera e dice: “Tra qualche anno di sicuro non sarò qui davanti a un computer a parlare da solo”. Ecco, come direbbe Matteo Renzi a Pier Luigi Bersani (e tra parentesi: Alessandro Baricco alla Leopolda è l’evento teleweb del momento), si consiglia la visione a un pubblico adulto, però l’idea c’è, “perché la vita è un grande social network”. L’idea è questa: ora che YouTube fa sul serio e vuole aprire 100 canali, la rete può iniziare a prendersi un po’ in giro – segno di maturità – anche televisivamente parlando. Come? Con una sitcom solo per il web.
Si chiama “Faccialibro” e già il titolo dice che nel mirino finiscono gli eccessi del “facebookkismo”, quella strana malattia che ci fa litigare con la moglie per un “mi piace” di troppo, che ci fa andare cento volte sul profilo della fidanzata o del figlio per controllare, che ci fa commentare per vedere se qualcuno commenta noi. Materia da “comédie humaine”. Internet, cioè, inizia a raccontare chi su Internet vive. Troppo. Diciamo, a grandi linee, che su Facebook (faccialibro in italiano) viviamo e su Twitter (cinquettatore?) ci informiamo. Allora due ragazzi lombardi si presentano al Sancta Sanctorum del mondo pc, Microsoft, e spiegano: “Vogliamo fare una serie web/tv sui social network”. Msn risponde: “Proviamo”, ecco l’indirizzo: faccialibro.msn.it. Assomiglia e si ispira a Camera Cafe, che ogni tanto ritorna su Mediaset, e questo è un complimento.
Le puntate ricordano i clippini di Vasco Rossi. Il racconto è più attuale e fresco di “Cotti e mangiati”, che ogni tanto sbuca sulla Rai. C’è qualche parolaccia in più e forse il sesso è un argomento “troppo preferito”, ma l’esperimento funziona. Ci sono una dozzina di personaggi: il designer sociopatico Bruno, l’arrivista milanese, il Carlo, la sua fidanzata Paola, il dj erotomane Maury, la migliore amica di Paola Lisa, la coppia fuori dal mondo Fausto e Furio, il ricco Edoardo e la bella ingenua Elena. Il webspettatore vota e partecipa al casting dei nuovi “amici”. Per favore, però, togliete le risate finte: come direbbe Bersani, troppo anni 80. I favolosi anni 80.
Pubblicato sulla Domenica del Sole 24 Ore il 6 novembre 2011