George R. R. Martin sarà pure “il Tolkien americano”, ma alla fine la trasposizione televisiva della sua saga best-seller non è un capolavoro. “Il Trono di spade” è una serie HBO in dieci puntate che va in onda su Sky Cinema il venerdì sera. Non è un capolavoro perché la cosa più originale è la sigla, con una musica tra il videogame e il film d’azione, e un’animazione avveniristica che ricorda “la città che sale” di Boccioni. Ma tutto il resto?
Si svolge all’interno di una corte pseudomedievale. Quali sono i cliché di una corte pseudomedievale? Ecco. Il re è grasso e saggio. La regina lo tradisce, è crudele ma bella. I figli illegittimi sono tanto buoni ma non possono sedere a tavola con la famiglia reale. I cattivi si chiamano “estranei”. Ci dev’essere un principe efebico. Le figlie femmine subiscono i matrimoni scelti dai padri o dai fratelli maggiori. Le nozze poi sono sempre pensate in funzione della creazione di un’alleanza politico-militare. A corte c’è ovviamente un servitore sleale e traditore. Il bimbo scopre l’amplesso dei grandi. Chi è molto nobile non ha soldi e chi ha soldi è poco nobile. Un trono è stato naturalmente usurpato e l’usurpato si prepara a riconquistarlo. “La morte è definitiva” (ma va?) “mentre la vita è così ricca di possibilità” (davvero?). C’è sempre qualcuno che sta per morire e porta un segreto nel suo sonno, ma forse si sveglia e dunque vogliono ammazzarlo. Il cane (anche quando è un lupo) è il miglior amico dell’uomo e delle donne. Una donna prega al capezzale del figlio. Il marito lavora troppo. C’è sempre “una guerra alle porte” e “l’amore origina dagli occhi”. Chi ha un difetto fisico deve leggere tanto per essere almeno intelligente e “la mente dipende dai libri quanto la spada dall’affilatura”. Ovviamente non ci sono più le mezze stagioni, visto che il tutto è ambientato nella regione denominata “Grande inverno”. Molto, ma molto meglio puntare su Mildred Pierce, sempre HBO, sempre Sky Cinema.