La saga di Csi, tra New York, Las Vegas, Miami, ha fama di perfezione. In tutte le puntate (lunedì sera su Italia 1) il montaggio è da urlo: gli episodi sono video musicali. Ma la resa è sempre più gelida. I protagonisti, i poliziotti, sembrano extraterrestri, non umani: si sa nulla di loro, hanno capelli di colore innaturale, pettinature scolpite, dicono frasi a effetto talmente a effetto che non ne pruducono.

I flashback sono la parte migliore, il che non depone a favore dello svolgimento principale del racconto. Le voci sono troppo impostate, colpa del doppiaggio? Le protagoniste cattive accettano l’arresto con un "d'accordo" e quelle buone piombano sulla scoperta dell'amica morta con tranquilla naturalezza, tanto che la prima cosa che fanno è sentire la vena del collo della vittima. Ovvio, chi di noi non farebbe serenamente così? Tutte le scene ansiose sono sottolineate da un ostentato suono ansiogeno, che è un po’ come dire in mezzo a una barzelletta: “Attenzone, battuta”. Non esistono psicologie, vite private. Anche Colombo la nascondeva, ma proprio perché la nascondeva c'era.

C'è poi un'aggravante di principio: pensare che la scienza da sola possa scoprire il male dell'umanità è un'illusione priva di sorprese narrative. Se cancelli il fattore umano, ti restano dialoghi finti, numeri freddi, l'abolizione del colpo di scena. Perfino le serie tv sulla medicina sono inzuppate di fattori umani. Per loro fortuna. Per cambiare scena c’è poi il solito rumore di porta sbattuta. Freddissimo, anche a Miami.

Dalla Domenica del Sole 24 Ore del 28 novembre

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