Il primo che fa una cosa vince

Non so perché, ma mi sto facendo un'idea strana ma chiara: mi sto convincendo che il primo che fa una cosa vince. O comunque cambia tutto. Mi spiego. Le elezioni amministrative hanno detto alcune cose, ma la più importante di tutte a me pare questa: non si sa ancora bene come cambierà il nostro sistema politico in vista e soprattutto dopo le prossime elezioni. In sostanza, quello che emerge è soprattutto che manca qualcosa, qualcuno.

C'è un vuoto e la politica non accetta vuoti, li colma temporaneamente, con l'astensione, con il voto di protesta, però il vuoto sistemico in realtà resta, resta in attesa di essere riempito da una nuova "offerta" (che parola orribile!) politica.

Quando però si dice "fare qualcosa" non s'intende un'intervista, una dichiarazione, un monito, un vertice tra segretari, un progetto da costruire, un gioco parlamentare, una primaria (che già comunque è cosa buona), una trattativa tra gruppi dirigenti di partiti senza seguito, si intende proprio qualcosa che si vede, si sente e dà speranza. Come Silvio Berlusconi che scende in campo, come Romano Prodi che sale sul pullman e inizia a girare l'Italia, come Walter Veltroni che va al Lingotto e tenta di aprire una nuova stagione, come Gianfranco Fini che si candida a sindaco di Roma da segretario dell'allora quasi impresentabile Msi, come Mario Segni che, convinto da Marco Pannella, inizia una raccolta di firme referendarie.

Oggi, forse, basta perfino meno. Ma qualcosa deve accadere e qualcuno deve trovare il coraggio di agire. Circolano molti nomi, i soliti. Ma tutti sembrano calcolare, ponderare, trattare, pensare, dire "no" per intendere "sì" e "sì" per intendere "no", aspettare il momento giusto, quando invece le cose coraggiose sono tali proprio perché fatte senza troppi bilancini e magari proprio nel momento che appare sbagliato.

Servono: alcune idee chiare per rilanciare il paese e uscire dalla crisi, una personalità capace di esporle e di agire di conseguenza, una capacità di ascoltare i cittadini davvero e costantemente, non soltanto con iniziative spot per apparire in rete, una visione di medio-lungo periodo che si disinteressa delle piccolezze della tattica politica quotidiana e guarda in faccia gli elettori e dice: eccomi, questo sono io, queste le idee in cui credo, secondo me l'Italia può uscire dalla crisi così…, mettiamoci assieme con chi ci sta per farle.

Ovviamente la caratteristica fondamentale perché tutto ciò accada è il coraggio di una persone, di un gruppo di persone, la predisposizione anche al rischio della sconfitta. Ma quella mancanza si sente, qualcuno la colmi. Oppure smettiamola di lamentarci per la cosiddetta antipolitica o per l'astensionismo che avanza. No?

I notisti politici dicono che questa mancanza è soprattutto evidente nel centrodestra. Vero. Ma anche i risultati del centrosinistra sembrano dimostrare che un fatto politico vero è atteso anche da quelle parti. Chi ha cuore il futuro del paese dovrebbe aver voglia di colmare queste mancanze. Rischiando, sì, rischiando.

Visto che in questo momento la responsabilità di governo poggia su spalle non direttamente politiche, le spalle politiche, vecchie ma soprattutto nuove, dovrebbero prendere su di loro la responsabilità di creare un nuovo sistema politico ecosostenibile. Il primo che fa una cosa vince. Anche se rischia di perdere.