L’Aquila soqquadro dell’esistenza

Caro Capoluogo.it,

sono stato all'Aquila con colpevole ritardo, non soltanto rispetto al dramma del sisma e alle polemiche o alle speranze della ricostruzione, ma in ritardo soprattutto rispetto a quella che dovrebbe essere la normale tabella di viaggio di un normale italiano.

via ilcapoluogo.globalist.it

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  • @laquilaabruzzo |

    Allora! Ho aspettato due giorni (48 ore ) un po’ perché davvero ci vuole tempo, connessione, non dico computer ma almeno iPad perché lo smartphone è scomodo (io lo trovo scomodo per scrivere, buono per i tweet). Ma soprattutto ho atteso girandoci intorno. Senza neanche rileggerlo, per la somma di emozioni che mi aveva già dato e sapevo mi avrebbe provocato di nuovo, e infatti…
    E’ difficile parlarne. In linea di massima non ne parliamo. Sì, ci giriamo intorno. Facciamo finta di niente. Perché è una cosa nostra. NOSTRA. Non vostra. Perché ne abbiamo piene le scatole solo a pensarci. Figuriamoci ancora a spiegare, a raccontare, a sperare che gli altri, VOI ALTRI, capiscano, a sperare che non provino pena o pietà o altro. A sperare che non fingano che fosse bella “è una bella città” e com’è che non ci venivate prima?
    No, ancora non ce la faccio a esprimere la critica feroce, che poco comunque avrebbe a che fare con un articolo quasi (!) perfetto e che comunque riconcilia per lo spazio della sua lettura con il giornalismo e con il giornalista (accipicchia, vedi la lingua batte dove il dente duole, sono effetti collaterali della tragedia, abbiamo imparato quante falsità si possono leggere sui giornali, vedere in TV, ascoltare alla Radio, e quanto la categoria professionale a cui appartieni sia, sia…) e quindi ti confesso che sì, anch’io, che pure avevo una occasione irripetibile di scattare foto – in fondo il terremoto distrugge la mia città solo ogni 300 anni circa, e quindi il prossimo lo salto – foto da lasciare ai mie figli, ai miei nipoti, ed ai nipoti dei mie nipoti, non ho fatto una sola foto, neanche una.
    Tre fotocamere digitali in casa e neanche una foto. E sai perché? Mi sono vergognato!
    Io non posso sapere se tu effettivamente ti sei vergognato. È difficile da spiegare. Io non sono un fotografo professionista, non vengo pagato per fare foto. Ed è giusto, trovo giusto che vengano fatte foto e riprese per far vedere agli altri. Ma io mi sono vergognato di fotografare i luoghi e le macerie dove miei concittadini avevano sofferto, patito, trovato la morte.
    No, non è essere pavidi. È rispetto. E vergogna.

  • Daniele Bellasio |

    Nostra, grazie davvero

  • antonio |

    ho aperto il link pensando di leggere il solito articolo sulla mia città e su quanto ci gira intorno, e invece??? trovo il più interessante e genuino articolo che abbia mai letto su questo tema, una lucida analisi della situazione, senza fronzoli nè colpi ad effetto!!! spero di leggere ancora dei suoi articoli su quella che possiamo adesso definire la NOSTRA città!
    complimenti e grazie a lei per la sensibilità dimostrata.
    Antonio – L’Aquila

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