Come può (e non può) nascere il Polo Monti

Inizia a delinearsi sempre più la spiegazione del perché Pierferdinando Casini, dopo le ultime amministrative, abbia archiviato il cosiddetto Terzo polo senza neanche averlo messo davvero in campo e in tutta fretta. Perché vuole creare una forza politica che non appaia figlia dello scenario politico attuale, del né con Silvio Berlusconi né con Pierluigi Bersani, che non sembri soltanto l'aggregazione di forze che stanno in mezzo tra due poli contrapposti. L'idea di Casini è di far sembrare il nuovo contenitore come il frutto di una discesa in campo, la discesa in campo dello schieramento montista, possibilmente con facce ed esperienze nuove.

Ecco infatti che cosa ha detto oggi Casini a Uno Mattina: "Stiamo lavorando, anche con Gianfranco Fini, per creare un contenitore che abbia al suo interno politici seri e uomini nuovi. Dobbiamo mettere assieme realtà diverse che vengono dal mondo civile per dar vita a un baricentro politico che non parli più il linguaggio delle promesse", ma quello dei fatti. E dunque che sia in continuità con le riforme avviate dall'attuale esecutivo.

Insomma, Casini e Fini stanno preparando la Lista Monti, che poi certamente non avrà Monti, peraltro già senatore a vita, come candidato, ma avrà l'agenda Monti come programma. Semmai ci potrà essere qualche esponente del governo come candidato e il ministro Corrado Passera è il nome più accreditato in proposito.

Per fare ciò, però, Casini e Fini si devono ritagliare un ruolo da traghettatori, da coach perfino un po' defilati, da portavoce politici di una creatura davvero nuova: non deve sembrare il Terzo polo con qualche outsider che arriva da fuori della politica o dal governo. Va presentato e costruito il Polo dell'Agenda Monti. Vanno avanzate idee. Va detta la verità agli italiani: la crisi non è finita e durerà; la mente degli italiani (Monti dixit) va cambiata; le imprese devono innovare; i ragazzi devono essere disposti a muoversi; la creatività e la disponibilità personali vanno messe al servizio anche della ricerca del proprio lavoro, della costruzione del proprio futuro; la politica del debito è finita; l'Italia deve ricominciare a pensarsi come un paese e un'economia emergente, con l'ottimismo del boom dei 60/70 ma con la consapevolezza di sacrifici da fare e privilegi cui rinunciare.

Non è il massimo della comodità come messaggio per vincere una campagna elettorale? Già, ma è utile al paese, no? Se proprio politica dei due forni deve essere, cioè prima del voto non si decide la coalizione di governo vera e propria, che almeno sia per fare le riforme che servono al paese. Per questo, sempre a Uno Mattina, Casini fa capire che il dialogo per ora è più concreto con il fronte progressista di Bersani e Vendola, ma ovviamente in futuro, dopo la fase dell'emergenza e con la fine dell'egemonia berlusconiana sul centrodestra, la naturale collocazione di questo nascente Polo Monti sarà nell'alveo del popolarismo e del liberalismo europeo.

Rischi dell'operazione? Vanno evitati gli eccessi di tatticismi (vizio congenito del cosiddetto centro e dei cosiddetti centri): non vanno continuamente annunciate novità, vanno fatte. Non vanno fatti partitini, appelli, contrappelli, reti, intergruppi, convegni, controconvegni, per poi far sembrare che il Polo Monti nasca come una specie di Unione in versione centrista. Va fatta una cosa forte e chiara. Casini lo sa e lo dice.

I prossimi due mesi diranno se il leader dell'Udc, Fini e gli outsider sempre sul punto di scendere in campo – eccoli, i tatticismi – avranno la forza e il coraggio per lo scatto, per non parlare più, appunto, "il linguaggio delle promesse" o, peggio, quello della tattica.