Dopo aver letto l'Agenda Monti nessuno può più dire: "L'Agenda Monti non esiste, è soltanto una semplificazione giornalistica e/o politica per dire che c'è chi rivuole Monti a Palazzo Chigi".
L'Agenda Monti esiste eccome: eccola nel testo integrale ed eccola in una sintesi per pillole a cura del Sole24ore.com. Ed è un bene che si parli e si scriva di contenuti, più che di contenitori, e che lo si faccia in modo moderno e innovativo, sito e Twitter compresi.
E' forse la prima volta che il capo di un governo dimissionario presenti, a ridosso delle elezioni, un programma/bilancio su cui gli elettori possono da una parte esprimere un giudizio su quanto fatto e dall'altra una preferenza su quanto ancora da fare. Bella novità.
Che ispirazione ha l'Agenda Monti? E' ispirata pienamente alla dottrina dell'economia sociale di mercato, ovvero a quell'insieme di proposte, ma più che altro di metodi e di atteggiamenti, che tendono a smussare le influenze interventiste e stataliste della socialdemocrazia tradizionale e a tenere sotto controllo, a ridurre al minimo – almeno nelle intenzioni – i rischi del liberismo puro.
Da questo punto di vista la ricetta economica contenuta nell'Agenda Monti è una perfetta sintesi mediana tra opposti armamentari ideologici e politici. Non appare dunque certo strano che piaccia fino in fondo soprattutto al centro dello scenario politico italiano e la sua natura viene incontro pienamente all'idea di funzionare da stimolo per un vero rinnovamento di alcune delle idee e soprattutto dei dogmi della sinistra.
L'Agenda Monti è un programma fortemente europeista nel merito e nel metodo. Parla di riduzione della pressione fiscale, sempre tenendo fissa la barra del rigore, e parla di riduzione della pressione fiscale soprattutto sulle imprese e sul lavoro. Non esclude, inoltre, ipotesi di patrimoniali ben fatte e di ulteriori passaggi di imposte dalle persone alle cose.
L'Agenda Monti rilancia il ruolo della donna nelle società contemporanee e la cultura come campo su cui l'Italia deve investire, tra pubblico e privato, come suggerito anche dal Manifesto del Sole 24 Ore, e parla del turimo, della ricerca e della formazione come priorità per il paese, non dimenticando di sottolineare come anche il settore agricolo stia tornando ad assumere un'importanza strategica per il futuro del nostro paese.
I fronti dove l'Agenda Monti può scontentare l'elettore più socialdemocratico? L'assenza di un riferimento agli esodati e la scarsa accentuazione di specifiche politiche (interventiste) di creazione e tutela dei posti di lavoro. In sostanza può non piacere a sinistra il fatto che l'Agenda Monti dica: dalle riforme del lavoro e delle pensioni non si torna certo indietro, semmai si va avanti.
I fronti dove l'Agenda Monti può scontentare l'elettore più liberista? L'assenza di un dettagliato e convinto piano di privatizzazioni e di riduzione immediata delle tasse e di semplificazione del fisco (su questi due ultimi punti gli impegni sono vaghi).
Ecco appunto perché l'Agenda Monti, a prima vista, piace soprattutto al centro.
Due piccole osservazioni. La prima di forma: il testo, in particolare nella parte iniziale, avrebbe bisogno di una ripassata di editing: ci sono alcuni refusi di troppo e alcune ripetizioni (va bene essere anglosassoni, ma con giudizio) per un documento a firma di un professore così noto e soprattutto di un professore presidente del Consiglio. La seconda più di sostanza: sia dal punto di vista delle politiche per favorire la crescita e la libera concorrenza – tema caro al professor Mario Monti – sia dal punto di vista della riduzione dei costi e dei poteri della politica (sull'economia stessa) sia dal punto di vista della lotta alla corruzione sarebbe bene proporre da subito un profondo e dettagliato piano di privatizzazioni e dismissioni non soltanto statali ma anche a livello degli enti locali. E' negli enti parapubblici, nelle controllate e nelle municipalizzate e affini che si nasconde una pericolosa mangiatoia di sprechi, di intrecci tra politica e finanza ed economia e di ostacoli alla concorrenza.