La domanda che molti osservatori di cose politiche si fanno in queste ore è la seguente: che cosa spinge un ministro esperto di questioni diplomatiche, come Giulio Terzi, a compiere un gesto così poco diplomatico come annunciare a sorpresa, dopo il ritorno dei marò in India, le proprie dimissioni in un'aula parlamentare?
Domanda subordinata. Che cosa spinge un ambasciatore a manifestare così platealmente la propria forte opposizione al resto del governo, al ministro della Difesa, Gianpaolo Di Paola, e al presidente del Consiglio, Mario Monti, costretto a riferire in Parlamento in quello che simbolicamente, nelle intenzioni del centrodestra, può essere letto come lo sfortunato epilogo di un governo tecnico ultimamente molto inviso al Pdl, anche per la possibile concorrenza sul fronte moderato della leadership (e della forza politica) di Monti, apprezzata soprattutto in sede europea e un po' indebolita dall'esito elettorale?
Due sono le domande e due sono le risposte che circolano in queste ore nei corridoi romani. La prima ragione è la convinzione di essere nel giusto del ministro Terzi, che da sempre ha manifestato l'opinione che l'Italia dovesse tenere nei confronti dell'India una posizione più muscolare e autonoma, da tutela orgogliosa degli interessi nazionali e dei due marò, fino a non far tornare in India, costi quel che costi, i due militari italiani, come lo stesso Terzi ha spiegato ieri alla Camera.
Questa motivazione – la convinzione di Terzi – però, può spiegare del tutto la scelta, ma forse non del tutto il modo "irrituale" e "a sorpresa" che ha tanto irritato il presidente, Giorgio Napolitano, e tanto male ha fatto e fa all'immagine del governo Monti, per la verità già abbastanza provata nelle ultime settimane.
Per compiere un gesto così forte bisogna avere anche la certezza di poter contare su un sostegno altrettanto forte da almeno una delle principali forze politiche: è il ragionamento che circola e che traspare dalla lettura dei giornali di oggi.
Infatti, ieri in aula da subito il ministro Terzi ha potuto contare sul plauso convinto del centrodestra e, come ha raccontato Marzio Bartoloni sul Sole 24 Ore di oggi, "i boatos di Palazzo parlano anche di una voglia di vendetta consumata da Terzi contro Monti anche in vista di un possibile abbraccio futuro con il Pdl, il partito che stava per candidarlo alle ultime elezioni".
Sia come sia, è certo che in difesa di Terzi hanno parlato l'ex ministro della Difesa e leader di Fratelli d'Italia, Ignazio La Russa: "Non ho mai nascosto la stima per la persona"; il segretario del Pdl, Angelino Alfano, fresco di consultazioni con Pier Luigi Bersani: "Gesto coraggioso e dignitoso"; un esponente di peso del Pdl come Maurizio Lupi: "Gesto di straordinaria levatura morale"; ma è stato soprattutto il neocapogruppo del Pdl alla Camera, Renato Brunetta, a puntare dritto all'obiettivo grosso del centrodestra, cioè Monti: "Se avesse un briciolo di buon senso, trarrebbe subito le conseguenze di questa incredibile vicenda".
Lo scopo del centrodestra è infatti duplice: provare che i tecnici non si sono dimostrati all'altezza perché troppo deboli fuori dai confini domestici, vuoi che sia verso l'Europa vuoi come in questo caso verso l'India, e porre definitivamente in cattiva luce agli occhi dell'elettorato (e dunque in soffitta) qualsiasi ipotesi ulteriore di governo appunto tecnico per superare lo stallo politico di queste ore.
Del resto, ieri, dopo le consultazioni con Bersani, sia Alfano sia il segretario della Lega nord, Roberto Maroni, hanno tenuto soprattutto a sottolineare la fine della stagione degli esecutivi tecnici e il ritorno – a loro dire assolutamente necessario – della politica.
Sicuramente, come ha scritto Michele Arnese sul sito che dirige, Formiche.net, a "gongolare" è soprattutto Silvio Berlusconi, che negli ultimi mesi – a causa della riconosciuta credibilità internazionale di Monti – aveva dovuto subire più di un affronto in sede di Partito popolare europeo e in sede comunitaria in generale. Ora – pensa Berlusconi – ecco dimostrato come i tecnici e come Monti non siano quei fuoriclasse tanto decantati all'estero.
Ps. Ovviamente e soprattutto, al di là della tattica politico-parlamentare, resta il grave problema dei due marò italiani, ora detenuti in India, in un momento così delicato per la stabilità politico-economica del nostro paese.