Che cos’e’ la leadership? La capacita’ di decidere e di trasformare le proprie decisioni in fatti attraverso la condivisione efficace delle proprie idee con i propri compagni di squadra e/o di partito.
La leadership, per potersi esercitare al meglio, ha bisogno essenzialmente di quattro cose.
La prima e’ la chiarezza delle idee.
La seconda e’ il coraggio delle stesse idee, che poi significa determinazione.
La terza e’ l’umilta’ nel comprendere le ragioni degli altri e nello spiegare le proprie.
La quarta e’ la forza per “sanzionare” il dissenso malmostoso che complotta sottotraccia, quello non costruttivo, ovvero la forza per escludere dal futuro di una squadra e di un partito chi “tradisce” lo spirito di un’impresa collettiva, magari spinto da rancori del passato.
Ecco, Bersani ha avuto (buoni) quarti di queste quattro caratteristiche per un po’, ma da un certo punto in poi ne ha smarrito il quid del salto di qualita’ in alcuni tratti essenziali.
La chiarezza delle idee? L’obiettivo di Bersani era quello di rilanciare il Partito democratico con un’ispirazione socialdemocratica, promettendo hollandianamente protezione e lavoro in tempi economicamente apocalittici. Idea chiara, ma poi non delineata in precise proposte concrete. Un’offerta politica ultratradizionale come quella di Bersani, in un paese che reclama quasi soltanto “cambiamento”, doveva essere cristallina nella sua chiarezza per ottenere una qualche affermazione. Se no, meglio il nuovo, hanno pensato molti elettori, anche di sinistra.
Il coraggio delle idee? Bersani lo ha dimostrato scegliendo le primarie, anche se a esse poteva sottrarsi, ma poi un po’ lo ha offuscato con regole che hanno reso quelle primarie meno aperte del solito per neutralizzare Matteo Renzi. Da quella decisione sulle regole in poi Bersani ha perso via via un po’ del suo smalto smacchiatore. Si e’ seduto sul partito, dimenticando che c’erano da conquistare i cuori e le menti di un paese che teme il declino definitivo, non il giaguaro.
L’umilta’ nel comprendere le ragioni degli altri e nello spiegare le proprie? Questa e’ la qualita’ di Bersani che non ha quasi mai risentito della stanchezza. Questo gli va riconosciuto fino in fondo.
Ma e’ la quarta la caratteristica che Bersani non ha piu’ avuto del tutto dalla sera delle elezioni. Quella sera infatti e’ iniziato di botto il post Bersani nel Pd (e nel centrosinistra), ma Bersani, invece di prenderne atto, ha preferito non vedere di aver smarrito ogni potere di deterrenza nei confronti dei deputati e dei senatori e dei dirigenti del partito. Sperava che la carta del poter decidere il candidato al Quirinale bastasse per restare alla guida del partito, per tenere unito il Pd. E invece proprio quella carta lo ha sconfitto definitivamente, frantumando il Pd in mille rivoli di bile.
Troppa gente nel Pd sta da troppo tempo pensando al dopo Bersani per dare retta ancora a Bersani, per placare i regolamenti dei conti e le vendette incrociate. Quando il gatto non c’e’, i topi ballano: vale anche in politica.
Le dimissioni di Bersani saranno effettive dopo l’elezione del presidente della Repubblica, ma in realta’ sono avvenute la sera delle elezioni politiche. Questo spiega tutto quello che e’ e che non e’ accaduto dopo.
Perche’ – come ha detto lo stesso Bersani in campagna elettorale – di tattica si puo’ anche morire.