Stefano Maruzzi, che molti ricordano come mente e volto di Google in Italia fino al febbraio 2012, sul suo interessante blog "Technology, Media & More", sabato scorso ha scritto il seguente racconto analitico:
"Ogni giorno per quasi due settimane ho trovato puntualmente davanti alla porta della mia camera una copia di WSJ accompagnata da USA Today. La distribuzione avveniva verso le 4:00am e una mattina ho assistito al tutto in diretta in occasione di una visita anticipata alla palestra. Li ho conservati e accumulati quasi con cura, impilandoli uno sull’altro, ripromettendomi sempre di fare una foto poco prima del check out. La fretta dell’ultimo momento me l’ha impedito e quindi l’immagine proposta non è quella 'originale', ma rende comunque l’idea: intonsi".
A parte l'invidia per la capacità di andare in palestra a quell'ora, sorge subito la domanda: intonsi perché? Risponde Maruzzi: "Questo il punto: tutto quello che era contenuto in quei fogli di carta era già vecchio e già noto".
La risposta di Maruzzi è ovviamente comprensibile e utile proprio perché semplice, ma risponde a una domanda propria di una visione superata, in teoria ma anche già in parte in pratica, dei giornali.
Se i quotidiani sono visti (e fatti) come delle collezioni più o meno ben confezionate di breaking news, di notizie, è ovvio immaginare che lo sfasamento temporale dovuto alla loro produzione materiale in carta, abbinato alla concorrenza naturale delle nuove tecnologie, rende l'oggetto giornale poco attraente, soprattutto alle quattro del mattino e a una persona tecnologicamente molto scafata come Maruzzi.
Ma se i giornali, invece, come in parte stanno già cambiando la loro natura, fossero la risposta (quotidiana) al (quotidiano, perché no?) bisogno e piacere di lettura, approfondimento, visione, apprendimento di nozioni di servizio, sarebbe davvero così inutili, così vecchi da meritare di restare intonsi?
Insomma, se i giornali, invece che collezioni di ultim'ora dilatate o di retroscena di fatti superati dai fatti, fossero oggetti ben pensati e prodotti, capaci di esporre analisi, racconti, storie e informazioni di servizio accuratamente selezionate e ben strutturate rimarrebbero davvero intonsi fuori dalle porte degli alberghi?
Davvero il piacere della lettura è del tutto colmato da un device qualunque, da un'occhiata al cellulare alla fermata della metropolitana, e da una serie infinita di tweet, ultim'ora e notizie in tempo reale?
Sono sempre più la qualità, l'approfondimento e l'utilità concreta nel vivere quotidiano delle informazioni raccolte gli ingredienti che rendono prezioso un oggetto, la carta, e che ne giustificano gli investimenti in beni materiali quali appunto la stampa, i fogli, la fatica del fattorino per portarli di fronte alla porta e la camminata del lettore fino all'edicola.
Per far sì che i giornali non restino intonsi, forse basta farli o belli, sia alla lettura e sia alla vista, o utili. Sembra facile, no?