E' abbastanza semplice comprendere quando sarà davvero chiuso il caso Alfano per il Pd. Ieri l'editoriale dell'Unità era molto chiaro. Scriveva Claudio Sardo, il direttore, nelle ultime righe del suo articolo: "Il voto di oggi del Senato non cancellerà la necessità delle dimissioni del ministro dell'Interno".
Sempre ieri, il segretario del Partito democratico, Guglielmo Epifani, ha detto che a settembre servirà un tagliando, cioè un rimpasto, del governo, mentre il capogruppo al Senato Luigi Zanda ricordava che Alfano ha troppe carice: segretario del Pdl, vicepresidente del Consiglio e ministro dell'Interno.
La linea del partito sta tutta nel titolo dell'editoriale dell'Unità: "Con Alfano ministro, governo più debole". Dunque – è l'obiettivo del Pd – per avere un governo più forte, dopo l'estate se non prima, servirà un rimpasto con l'uscita di Alfano dal Viminale. Anche perché – sono pronti a scommettere in tanti in Parlamento – ogni giorno sui giornali arriverà una rivelazione imbarazzante in più, come le prime pagine di oggi dimostrano.
Il compromesso che il Pd sarebbe disposto, forse, ad accettare è l'uscita di Alfano dal Viminale ma non dal governo. In sostanza, pensano molti dem, Alfano in fondo potrebbe restare vicepremier, con un ruolo politico in quanto segretario del secondo partito della larga intesa, ma lasciare il posto di ministro dell'Interno a qualcun altro.
Alla fine anche il Pdl potrebbe guadagnarci qualcosa, nonostante lo smacco politico: all'Interno potrebbe andare un altro esponente pidiellino o comunque di area centrodestra, aumentando così di una unità la delegazione berlusconiana nell'esecutivo. Per il momento però Silvio Berlusconi e Angelino Alfano scartano questa ipotesi. Per il momento.