Il presidente del Consiglio, Enrico Letta, sta dimostrando quel che aveva promesso: non mi farò logorare, non intendo restare a Palazzo Chigi tanto per restare a Palazzo Chigi. Anche perché, comunque vada in questi giorni, Letta un futuro politico certo lo avrà e di peso.
E dunque, di ritorno dall'America, il premier intende mettere sul piatto con coraggio un voto di fiducia in Parlamento, magari addirittura sulla Legge di stabilità, in modo da mettere in sicurezza in qualche modo i conti, prima del corri corri crisaiolo-elettorale.
E' anche molto corretto che le crisi, quando ci sono, vivano in Parlamento visto che siamo ancora una Repubblica parlamentare. (E' stata anche la lezione di Romano Prodi, quando il professore era a Palazzo Chigi).
Non c'è dubbio, l'atteggiamento di Letta, in questa circostanza, appare ed è coraggioso e responsabile. Il problema, però, è tattico-parlamentare.
Se l'eventuale voto di fiducia precede quello sulla decadenza in aula al Senato di Silvio Berlusconi, il Pdl non avrebbe difficoltà a votare sì alla fiducia, allontanando da sé l'immagine di partito affossatore dell'esperienza delle larghe intese, immagine che invece nelle intenzioni dei vertici del Pdl ricadrebbe tutta sul Pd al momento, appunto, della votazione sulla decadenza del senatore Berlusconi.
Quindi, un eventuale voto di fiducia al governo, precedente rispetto alla decadenza, potrebbe avere il sano scopo di mettere almeno in parte in sicurezza i conti, ma non otterrebbe lo stesso risultato nell'intento di mettere in sicurezza la tenuta della maggioranza e del governo Letta.