Perché lo ha fatto, che cosa deve fare e l’effetto velocità di Matteo Renzi in Turné

Perché lo ha fatto? Questa è la domanda più frequente in queste ore, in privato e in pubblico. Perché lo ha fatto? Le cause di decisioni sì importanti sono spesso molteplici e intrecciate e a effetto slavina, una ragione chiama un’altra ragione. Però si può azzardare una risposta attraverso uno sguardo allo stesso tempo analitico e perfino un po’ simpatetico. Lo ha fatto perché ha capito che le riforme assieme a Silvio Berlusconi non riusciva a farle.

Matteo Renzi, dopo aver avviato la macchina delle riforme istituzionali, elettorali e perfino costituzionali, si è subito accorto che sotto il rumore del motore rombante si sentivano i primi intoppi nella cinghia di trasmissione parlamentare.

Matteo Renzi lo ha fatto perché ha pensato: “E se Berlusconi mi porta in giro fino a quando vuole lui con la trattativa e l’iter sulle riforme e poi all’ultimo momento si sfila perché vuole andare a votare con il proporzionale uscito dalla Corte costituzionale, cioè il sistema perfetto per le condizioni della vecchia, nuova Forza Italia e del suo vecchio, nuovo leader, io e soprattutto quel tesoro di consenso che ho e che serve al paese per avere appunto le riforme che fine fanno?”. La risposta che Renzi in queste ore si è dato, guardando un governo Letta arenato nelle sabbie mobili di un incomprensibile immobilismo distratto (perché, Letta, lo scatto solo all’ultimo?), è stata: “Se Berlusconi mi fa lo stesso scherzo che fece a Massimo D’Alema… finito tutto; e, per di più, finito tutto non per merito o colpa mia, ma per effetto del solito predellino berlusconiano”.

Allora Renzi, da leader politico del fare e non del posizionarsi, ha cercato un piano b per mettere a frutto, per investire quel consenso personale che gli fa parlare, legittimamente, di una “smisurata ambizione”, quella di cambiare le cose, di cambiare verso.

Renzi sa benissimo che con i modi sbagliati scelti per ottenere uno scenario politico probabilmente giusto e naturale già spende, nel senso che perde, parte di quel consenso e di quella forza che lo hanno reso naturalmente in costante ascesa, ma almeno – pensa – questo consenso lo sto spendendo io e rischio in proprio.

Lo stesso discorso dovrà farsi quando sarà a Palazzo Chigi. Perché quello che è successo sulle riforme – pronti, via, primi intoppi, motore ingrippato, Italia refrattaria a ogni riforma, figuriamoci i partiti e i parlamentari – succederà in modi diversi, con pesi differenti e magari tempi dilatati anche sul fronte delle altre riforme di cui il paese ha bisogno come l’aria, quelle economiche, quelle che si fanno o si dovrebbero fare da Palazzo Chigi.

A quel punto Renzi dovrà via via spendere tutta la forza del suo consenso che gli rimane – ed è comunque moltissimo – per giocare in proprio la partita – dipenderà da lui, è la scelta fatta: non dipendere da un sì o un no di Silvio Berlusconi, ma dipendere dalla propria forza e in secondo luogo dalla forza del proprio partito -, per fare le riforme.

Non avrà né alibi né piani b, come quello di fare da Palazzo Chigi e in proprio quello che si rischiava di non ottenere da Palazzo Vecchio o dal Nazareno e in collaborazione con Berlusconi.

I modi sono stati brutti e per certi versi vecchi. Gli sponsor sono stati paradossali: (quasi) tutti i rivali di Renzi hanno voluto Renzi premier. La scelta è comunque coraggiosa perché è Renzi che mette a rischio (per mettere a frutto) il consenso che Renzi stesso ha raccolto finora.

Adesso è solo al comando e, come ha detto ieri alla riunione della direzione del Pd, ha il vento in faccia. Sa di essere solo al comando perché ha promesso ai parlamentari quel che i parlamentari volevano sentirsi dire: un governo “di legislatura”. Loro sono in tanti, a non volere andare alle elezioni, ma lui ora è solo al comando.

Come recitano i protagonisti di Turné, sontuoso film di Gabriele Salvatores, una pellicola cara a molti italiani della stessa generazione di Matteo Renzi, ora può godersi l’effetto “vu vu vu”, perché ha superato il complesso tutto italiano dell’essere prima troppo giovane e poi troppo vecchio. Ma per godersi davvero l’effetto “vu vu vu” e per sentire davvero il vento in faccia e per investire davvero il consenso che ha raccolto per un buon futuro per sé e per noi, ecco, ora deve correre.

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  • Raffaele |

    Condivido l’incipit dell’articolo.
    Il resto è logicamente conseguente

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