La partita del centro è ancora tutta da giocare e in realtà è ancora molto sotterranea. Quello che ora è certo è che, Maurizio Lupi, ministro delle Infrastrutture ed esponente del Nuovo centrodestra, dopo aver meditato a lungo sull’idea di trasferirsi in Europa per conquistare il partito prima e Milano dopo (da sindaco), ha deciso di giocarla da Roma questa partita, restando al governo. Tutti dicono che Lupi volesse proprio andare a fare l’europarlamentare rispettando il mandato elettorale, ma i vertici del suo partito e le pressioni di quel che c’è della base lo hanno convinto a restare. La sua uscita dal governo – hanno pensato nell’Ncd – avrebbe potuto innescare un processo di progressivo e inesorabile indebolimento della componente neocentrodestrista dell’esecutivo. Meglio attendere e vedere come va l’economia, il governo, il Paese, è la tattica di questo periodo (soprattutto di Angelino Alfano).
Così Lupi ha ascoltato le richieste e resta al ministero. La sua idea, però, era ed è quella di tenere ancorato il Nuovo centrodestra a una prospettiva futura per l’appunto di centrodestra, come ha ribadito oggi nell’intervista al Corriere della sera. Per questo motivo, Lupi voleva avere (politicamente) le mani (più) libere. Così non sarà del tutto, restando al governo, ma non intende mollare l’idea di rivitalizzare prima il partito e poi lo scenario di un centrodestra riunificato. Tornare con Berlusconi? Non è un problema di persone, risponde il ministro. Ma è un problema di schieramento e Lupi si vede in futuro alternativo al centrosinistra.
Non così però la pensa proprio tutto il nuovo (nuovo?) centro. Per esempio attorno a Pierferdinando Casini (l’altro vero ritorno di questo giugno, almeno da qualla fotografia alla parata del 2 giugno, da presidente della Commissione Esteri del Senato, con il presidente Giorgio Napolitano e il ministro Maria Elena Boschi), attorno a Casini, si diceva, si sta (ri)coagulando un’area di centro più disposta a fare anche in futuro il centro mobile, la variabile indipendente capace di far vincere questo o quello schieramento. Certo, finora il risultato elettorale delle Europee non invoglia una simile ambizione, ma molti pensano che lo stesso Casini, che pure prima del voto si era dimostraro molto “bipolarista”, sia oggi in grado di sfruttare proprio quel risultato e proprio per sottrarre ad Alfano la sua creatura – la creazione dei nuovi gruppi può essere il primo passo – e ancorarla al centro, un centro in questa fase molto renziano, come dimostrano le recenti interviste, anche su temi come la giustizia, dello stesso Casini (vedi la Stampa del 23 giugno: “Renzi è riuscito a passare dalle parole ai fatti”).
Se ha ragione l’altro centrodestrista tornante ma ora da allenatore, dice, Gianfranco Fini, quando dice che senza una nuova destra Renzi può governare vent’anni – è il ragionamento di alcuni big post-democristiani dell’Nced – tanto vale acconciarsi a dar vita a un nuovo centro “diversamente renziano” e per questa tattica in campo Casini è il play-maker più esperto. Contro questa prospettiva però gioca chi tifa Lupi e chi lo ha convinto a non andare in Europa. Ora si può giocare la partita, palla al centro.