Dal 1993 a oggi, in Italia, ci sono due cose che tornano e ritornano senza mai davvero tornare: la Cosa bianca e la Cosa rossa, ovvero l’idea che possa nascere un nuovo (vecchio) centro, tra i due poli/partiti diventati tre, e una nuova (vecchia) sinistra più o meno radicale a sinistra della sinistra. Le sigle comparse nel corso del tempo a sinistra del principale partito della sinistra ormai non si contano più, da Rifondazione a Sel passando per la Lista Tsipras ePdci, senza dimenticare Turigliatto, Possibile, ma in fondo e prima anche la Rete e perché no l’Idv, che però sta(va) anche un po’ al centro, dove peraltro anche lì le sigle più o meno laiche, più o meno d’ispirazione cristiana, dal Patto Segni all’Ala (con tutte le enormi differenze dei casi), non sono certo mancate. Torna spesso l’idea e cambia sempre la sigla perché la Cosa, bianca o rossa che voglia essere, non attecchisce mai davvero. Perché? Perché i partiti non nascono quasi mai bene per scissione da partiti già esistenti (il M5S è partito da zero, da fuori, e prima del M5S lo stesso discorso può essere fatto per Forza Italia, la Lega Nord). Perché i partiti non nascono quasi mai bene per posizionamenti parlamentari più che per slanci popolari (il M5S è partito da zero, da fuori, e prima del M5S lo stesso discorso può essere fatto per Forza Italia, la Lega Nord). Perché in fondo gli italiani sono da sempre, verrebbe dire dal ’48, bipolaristi, anche quando possono scegliere tra 50 sfumature di pentapartito o di sinistra. L’irruzione di Beppe Grillo è l’irruzione dell’antipolitica nel sistema politico, che però di suo resta (resterebbe) bipolare/bipartitico. Per questi dati di fatto le cose bianche o rosse sono destinate a vita breve e grama o a rappresentare nicchie, più o meno grandi, ma pur sempre nicchie, bianche e/o rosse.
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