Incrociando le interviste e bilanciando le parole e scrutando le sfumature, beh, si può dire che quello di Matteo Salvini a Stefano Parisi, manager che si è candidato a dare una mano per creare il nuovo fronte liberale e popolare, sia un “ni”, sia un “parliamone”. E questa è la notizia, perché il resto del centrodestra, al netto di qualche malumore in Forza Italia, non ha molte alternative a vedere nel modello Milano e nel ruolo di federatore di Parisi l’unica via alla sua rifondazione liberale e popolare.
Silvio Berlusconi, poi, il suo “ok, il modello è giusto” l’ha già detto e fatto dire. Dunque, gli occhi erano e sono puntati su Salvini e sulla Lega salviniana, per qualla maroniana e zaiana è già più facile il tutto, cioè è più semplice il dialogo con il processo messo in modo da Parisi con la sua candidatura a Milano prima e con la sua discesa in campo poi.
Dicevamo Salvini. Ci starà? Guarderà altrove? Per il momento, sornione, il leader leghista dà due interviste con sfumature da cogliere.
L’intervista di oggi alla Stampa, giornale scelto da Parisi per la sua intervista-manifesto di giovedì 21 luglio, è titolata così: “Pronto ad ascoltare, vediamo se il progetto è compatibile con noi”. Dice Salvini: “Io sono curioso e ascolto tutti. Ma prima vorrei capire se i suoi progetti sono compatibili con i miei”.
Traduzione: parliamone. Risultato: un buon inizio per Parisi e il suo progetto.
L’intervista di oggi a Repubblica, giornale che per linea editoriale predilige un centrodestra diviso e dunque più debole, è titolata così: “Salvini boccia il manager: ‘Modello perdente, non ci stiamo”. In realtà, dice Salvini: “… Se (Parisi, ndr) pensa di lanciare a settembre una convention con Casini, Alfano e Passera, no grazie…”. E sottolineo “se”.
Traduzione: dipende. Risultato, un inizio, nonostante il titolo, del dialogo con Parsi e il suo progetto.
Ps. E poi sul Foglio c’è Giuliano Ferrara, che con sano realismo trova una buona sintesi: “Parisi val bene una messa”.