Ora che i centrodestra sono diventati due a soffrire è (e sarà) soprattutto Forza Italia. Perché?
Perché è naturale che all’interno del movimento guidato da Silvio Berlusconi si evidenzino vieppiù le differenze tra le due principali anime: quella che vuole restare ancorata a una posizione centrista (e dunque proporzionalista) – oggi è la linea del Cav., domani chissà – e quella che vuole restare ancorata a un’ispirazione di centrodestra a vocazione maggioritaria, con qualcosa di più di qualche tendenza trumpiana, cioè quella che alla trattativa con il Partito democratico e dunque con Matteo Renzi continua a preferire l’alleanza con Matteo Salvini e la Lega nord e i Fratelli d’Italia di Giorgia Meloni e i Conservatori riformisti di Raffaelle Fitto.
Dove s’inizia a vedere tutto ciò? Dove s’inizia a vedere sempre tutto in anticipo, almeno in politica: a Milano. Nel capoluogo lombardo infatti ci sono due momenti significativi per capire il processo in corso in Forza Italia e i possibili sviluppi (rischi per il e centrodestra) futuri.
***
Primo momento. A Milano (e provincia) è in corso uno scontro politico notevole tra la coordinatrice regionale ed ex ministro Mariastella Gelmini e Luca Squeri, deputato, solido leader locale e ormai ex coordinatore provinciale di Forza Italia, sostituito da poco proprio perché non allineato alle posizioni di Gelmini.
Certo, è anche uno scontro di potere interno al partito, ma c’è sicuramente, come fanno intendere le dichiarazioni di Daniela Santanché – “Non è accettabile che persone che hanno sempre lavorato nell’interesse di Forza Italia siano cacciate perché non sono disponibili a sedere a corte” e “Attento Berlusconi, di Renzi abbiamo già visto che non ci si può fidare. Il nostro campo è il centrodestra,alleati della Lega e Fratelli d’Italia” -, qualcosa di più profondo: una divergenza di prospettive future. Scrive Marco Cremonesi sul Corriere della sera: “In Regione, le forze di Squeri e Mantovani non sembrano essere sufficienti a impensierire Gelmini. Ma i due esponenti azzurri hanno appena fondato con Daniela Santanché la corrente Noi repubblicani con un’affollata cena in un hotel milanese”. E veniamo appunto alla Regione.
***
Secondo momento. Anche se manca ancora un anno, qualcosa s’inizia a muovere sul campo delle future elezioni regionali lombarde. Il governatore Roberto Maroni, forte del suo consenso testimoniato dal terzo posto sul podio nella recente classifica del Sole 24 Ore, ha annunciato che intende ricandidarsi e, consapevole delle frizioni diventate divisioni tra Lega nord, Forza Italia e centrismi vari, ha subito definito la (sua) road map spostando il centro della discussione dalle alleanze alle cose da fare: “Faremo un programma per i prossimi cinque anni: chi sottoscriverà quel programma e si impegnerà a sostenermi nella sua attuazione è benvenuto. Una lista civica ci sarà sicuramente. Nel 2013 la creammo in poco tempo e prese il 10% come consensi”.
Dunque – è la linea Maroni, ma farà scuola anche altrove – a livello regionale e locale non pesa e non peserà tanto lo scenario delle alleanze nazionali e gli equilibri parlamentari ma conterà il sostegno a programmi e candidature sul territorio.
In sostanza, la prossima fase del e dei centrodestra potrà essere almeno per un po’ caratterizzata da un’asimmetria tattica, con Lega nord e Forza Italia divisi a Roma, ma alleati a Milano e altrove. In fondo conviene a tutti nel e nei centrodestra, pena la perdita di ogni possibilità di vittoria e di governo in zone decisive del paese.