Nessuno può davvero pensare che una mozione possa “blindare” un governo. Un governo si blinda soltanto da sé, con il buon governo. Non serve certo una mozione. Tanto meno una mozione congressuale. Non sopravvivono i patti: in politica sono come i temporali estivi, fulminei arrivano e fulminei se ne vanno, senza spiegazioni apparenti.
Che una mozione valga una blindatura non lo pensa nemmeno Francesco Boccia, deputato lettiano, presidente della commissione Bilancio, e autore di un testo molto discusso in vista delle prossime assise del Pd. (A proposito, mi sono perso, la data è fissata o no?).
Non si può nemmeno dire che quella di Boccia sia soltanto una mozione degli affetti, visto che pochi sono lettiani come lui e da tempo; non è soltanto questo intanto perché l’iniziativa appunto fa discutere eccome, poi perché dietro alla mossa dell’onorevole c’è l’intento di mettere in campo un’operazione politica di tutto rispetto e di alte ambizioni. Non è detto che abbia un successo netto, ma l’obiettivo è certamente di peso e fanno un errore quelli che cercano di sminuirla a mera tattica congressuale o a semplice manifestazione di sostegno al premier Enrico Letta. Semmai è lo spariglio dem.
Quella di Boccia è un’operazione politica tesa contemporaneamente a sfidare Matteo Renzi sul suo campo, il rinnovamento, tendendogli anche una mano per siglare un patto (che poi magari in politica…), poi serve a proiettare Letta e il lettismo e, perché no, i lettiani nel futuro del post larghe intese e ad allargare il campo del tradizionale network del premier, lanciando un’opa chiara e legittima in quanto assolutamente pubblica e non conventicolare sul Partito democratico, spazzando via vecchie logiche, correnti e instabili equilibri di forze. Vaste programme, ma programme.
Non sembra soltanto tattica contingente, sembra un salto di qualità strategico nelle ambizioni politiche di un mondo, quello sempre più ampio dei lettiani, che sa che di larghe intese non sono lastricate le vie del futuro. Soprattutto finché, se non proprio in campo, almeno nei paraggi, c’è un signore che si chiama Silvio B.