Io la vedo così. Nel corso degli anni Novanta, forse anche prima, le economie occidentali hanno
chiesto alla finanza di sopperire al fatto che gli Stati occidentali, per
ragioni demografiche (l'invecchiamento delle popolazione e dunque il costo
crescente delle pensioni e della sanità) e per ragioni economiche (il naturale
rallentamento di economie con mercati sempre più saturi e costi del lavoro sempre più alti), non riuscivano più a
mantenere lo stato sociale così com'era.
Così sono nati strumenti come i fondi
pensione, le assicurazioni sanitarie, le pensioni integrative, i mutui concessi
con larga manica per comprare case da banche che facevano leva sugli strumenti finanziari – benedetti se ben usati – per potersi permettere questo ruolo di supplenza della politica e per garantire ai vertici degli istituti di credito lauti bonus.
Insomma, la finanza è stata usata dalla
politica per mantenere, grazie ai profitti finanziari, il welfare, ovviamente
sotto forma di welfare alternativo, privato e appunto sempre più finanziario. Per riuscire
a fare tutto ciò era necessaria una cosa: tassi molto bassi. Così è stato, in
tutta l'era di Alan Greenspan e anche grazie alla decisione di Bill Clinton di permettere alle banche, a tutte le banche, di essere banca d'affari e banca tradizionale, di investrire in strumenti sempre più sofisticati e allo stesso tempo prestare denaro ad aziende e persone.
Cioè le banche prendevano a prestito denaro dalle banche
centrali a tassi molto ridotti, investivano questo denaro in strumenti finanziari
sempre più pericolosi e contemporaneamente lo prestavano con facilità a imprese e persone, perché intanto si assicuravano contro i rischi del credito facile e/o spalmavano le eventuali perdite in titoli-pacchetti che poi si scambiavano vicendevolmente tra loro, almeno finché non si è interrotto il circolo della fiducia. Tutto è
andato molto bene finché la bolla della finanza è esplosa con i danni che
abbiamo visto.
Ora gli Stati occidentali stanno (ri)commettendo lo stesso errore? Chiedono
liquidità a bassi tassi per far ripartire l'economia reale e per dare ai propri
cittadini l'illusione di tornare a crescere come prima, a spendere come prima,
a vivere come prima. Impresa ardua, anche se in un'economia elastica e flessibile come quella americana gli effetti, dai e ridai, si sentono, vedi i dati di crescita e occupazione.
Ma le banche che prendono i soldi a tassi molto bassi
dalle banche centrali, in questa fase, sapendo che appunto le economie
occidentali non torneranno più a crescere come prima, la liquidità la investono
di nuovo in finanza, magari in titoli più tranquilli e tradizionali rispetto a prima della crisi, e infatti tutta questa marea di denaro finora non è arrivata o fatica
ad arrivare all'economia reale, alle imprese e alle persone.
Dunque, non soltanto
l'economia stenta a ripartire in Europa, ma inoltre si sta curando il male – troppa
liquidità, quindi troppa finanza – con il male: troppa liquidità e quindi di
nuovo troppa finanza. Con il conseguente, ripetuto rischio che si creino bolle e
che le bolle prima o poi esplodano con i danni già visti.
Che cosa sarebbe meglio fare? Riformare davvero le nostre economie per renderle davvero più competitive e non
cercare rischiose scorciatoie finanziarie, magari anche accettando che non
possiamo più vivere al di sopra delle nostre possibilità economiche, magari
anche accettando che il nostro Welfare State va riformato per via dei
cambiamenti nella demografia e nell'economia, magari anche accettando che
l'occidente è destinato a declinare almeno un po' a vantaggio delle economie
emergenti e dei paesi che si stanno avvicinando a passi veloci a gradi di
benessere simili ai nostri.
La via finanziaria forse ci fa respirare nel breve – almeno si spera – ma rischia di farci male nel medio periodo. Ecco perché, da semplice lettore, ho paura quando sento che tutti chiedono
tassi bassi, quando la banca centrale del Giappone immette una marea di
liquidità, di denaro, sui mercati, come ha già fatto negli ultimi anni la Banca
centrale americana.
Anche perché, di svalutazione in svalutazione delle monete,
si corre il rischio concreto di far partire guerre valutarie, alle guerre
valutarie di solito seguono politiche protezionistiche, dazi per intenderci, e
alle politiche protezionistiche e autarchiche seguono spesso le guerre vere e
proprie e le instabilità croniche. Spero di sbagliarmi. Davvero. (E spero che invece si faccia l'area di più o meno libero scambio tra Stati Uniti e Unione europea).
E spero che – se ne parla proprio in queste ore – si trovino modi (per esempio, prendi i soldi solo presentando piani di sviluppo e investimenti e/o le richieste precise delle imprese) per garantire che la liquidità messa in circolo dalle banche centrali, anche in Europa, vada a imprese e cittadini per far ripartire l'economia e non finisca soltanto alle banche per far ripartire la finanza o soltanto in capitale più o meno fermo per rispettare le regole di Basilea.
Intanto consiglio la lettura di un agile ma significativo (e preoccupante) libretto: