Una domanda su Matteo Renzi: che cosa succederebbe se nel corso delle primarie del fronte neoprogressista l'ex premier, professor Romano Prodi, dicesse o facesse capire che la sua preferenza va al sindaco di Firenze piuttosto che al leader del Partito democratico, Pierluigi Bersani? Non accadrà, ma che cosa succederebbe?
Mi scuso con gli interessati perché sto per fare alcuni collegamenti impropri tra retropensieri e vecchie etichette e supposizioni, però si fa tanto per fare una domanda.
Artuto Parisi dice a Europa, il quotidiano di area Pd diretto da Stefano Menichini, che lui non vota Bersani. Non si può dire che Parisi sia prodiano – Parisi è parisiano, e basta – ma certo con Prodi è andato molto d'accordo in passato. Renzi, quando parla di Prodi, ne parla sempre bene, semmai critica chi per ben due volte ha fatto franare l'esperienza di governo del professore emilaino.
Prodi, invece, ultimamente si è sempre battuto per la difesa del bipolarismo (come Renzi: "Non mi piace il giochino del terzo polo") e certo non ha un ottimo ricordo della collaborazione con alcuni esponenti del patto di sindacato che guida il Pd (vedi Massimo D'Alema e Walter Veltroni).
In più, ma questa è proprio una supposizione maliziosa e finale, Matteo Renzi, in questi giorni, si è visto a VeDrò, la bella iniziativa per la circolazione delle idee e delle storie organizzata ogni anno da un network trasversale presieduto da Benedetta Rizzo. Animatore di VeDrò è Enrico Letta, vicesegretario del Pd, da sempre in buoni rapporti con Prodi e con l'area prodiana. E scrive oggi il Fatto quotidano: "Il numero due del Pd offre una sponda sottotraccia al sindaco (Renzi, ndr)". We'll see.