Ricapitoliamo tutto (professor Becchi compreso), dopo Napolitano

La sagge mosse del presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, possono migliorare la situazione – ora i mercati sanno che per un po' resta il governo Monti e con potere di azione (speriamo presto, per esempio, sui debiti della Pa) – ma non possono mutare l'esito delle recenti elezioni, le condizioni dei partiti in Parlamento e le rispettive linee politiche, che sommate tra loro, di riffa o di raffa, producono lo stallo. Ricapitoliamo.

Napolitano ha preso atto che nessuna maggioranza è possibile. Avrebbe potuto creare un governo del presidente e mandarlo alle Camera, cercando nel frattempo una maggioranza. Ma probabilmente non ha scelto questa via per non forzare lo scenario politico, con il rischio di dover nominare un governo, a pochi giorni dalla fine del suo mandato, che sarebbe poi dovuto restare in carica per il disbrigo degli affari correnti anche senza aver ricevuto mai un voto di fiducia.

Napolitano avrebbe dovuto e voluto sciogliere le camere, ma la Costituzione glielo impedisce, per via del semestre bianco. Allora ha rispettato il principio secondo il quale le democrazie non ammettono vuoti di potere – il governo Monti è in carica e peraltro non è mai stato sfiduciato – e ha creato un meccanismo – i gruppi ristretti dei saggi – per favorire il passagio di alcuni provvedimenti indipensabili per l'economia e magari perfino per varare la riforma della legge elettorale.

Così il presidente ha ben sfruttato lo spazio temporale – massimo tre settimane – tra oggi e l'inizio delle votazioni per il suo successore. (Che a mio personalissimo giudizio dovrebbe essere lui stesso). Ovviamente ora i partiti, che già si (ri)sentono in campagna elettorale, strumentalizzeranno anche questa soluzione a propri fini – naturale che sia così – ma intanto la macchina va.

Silvio Berlusconi vuole o le elezioni o metà governo con il Pd e soprattutto teme che questo tempo – il periodo di lavoro dei saggi – serva soprattutto a creare una maggioranza per l'elezione del presidente della Repubblica, senza di lui e senza il Pdl. Quindi Berlusconi è un po' costretto dai fatti a comportarsi per metà da statista responsabile – pronti alle larghe intese a guida Pd – e per metà a "strappare": dieci giorni massimo ai saggi e poi o larghe intese o urne, appena legalmente possibile, e barricate se il centrosinistra elegge un presidente non condiviso dal centrodestra.

Il Pd, almeno fino a quando sarà a guida bersaniana (fino a quando?), esclude la seconda ipotesi – le larghe intese – ma accarezza eccome la prima, magari dopo aver eletto un presidente della Repubblica di centrosinista (ecco perché Bersani ha scelto di andare a sbattere contro Grillo). Certo, ci sono le spinte dei neoeletti, contrastanti con un immediato ritorno alle urne: meglio godersi un po' il Parlamento. Ma la situazione pare davvero troppo paralizzante. E Pierluigi Bersani coltiva ancora una picciola speranza di restare in gioco, in caso di urne quasi immediate.

E' comunque molto probabile che nel giro di un anno, con scadenza massima le prossime elezioni europee, si tornerà alle urne. E più il tempo passa e più Matteo Renzi sale alla leadership del centrosinistra e alla candidatura a premier (l'anno prossimo scade anche la consigliatura al Comune di Firenze…).

C'è infine uno strano silenzio attorno alla riforma della legge elettorale. E non è affatto detto che sia un male. Di solito quando di questi temi si parla tanto – siamo andanti avanti un anno a sentire e a scrivere e a leggere che la riforma era a portata di mano per poi votare con il Porcellum – significa che si fa melina e non si fa sul serio. Magari, al contrario, il silenzio è un buon sintomo. (Il ritorno al Mattarellum, magari depurato di quel 25 per cento di proporzionale ridotto a molto meno per concedere una sorta di diritto di tribuna, è a mio avviso la soluzione più efficace e attuabile in breve tempo, anche se la presenza di Luciano Violante e Gaetano Quagliariello tra i saggi "istituzionali" suggerisce che si parlerà molto di doppio turno).

Sintesi:

Il prossimo governo? Se ne riparla dopo il 15 maggio, giorno di ingresso al Quirinale del successore di Napolitano.

Il prossimo presidente della Repubblica? Le grandi manovre sono in atto da tempo e ora diventano la principale attività delle forze politiche.

Le prossime elezioni? Stando così le cose, nel giro di un anno o poco più.

Il prossimo giudizio dei mercati? Subito, ma è possibile che la sentenza definitiva resti, ancora per qualche tempo, sospesa. Speriamo.

Ps. Da un punto di vista prettamente procedurale e per come sono andate le cose, va riconosciuto un merito o almeno un punto segnato dal professor Paolo Becchi, che ieri ha spiegato la "Buona prorogatio" sul Blog ByoBlu di Claudio Messora (leggi qui) e dal Movimento 5 Stelle. Sta andando come loro avevano detto. E tutto ancora da vedere se sta anche andando bene.