Che cosa dice l’intervista a #Grillo

Che la politica italiana è essenzialmente rappresentazione scenica degli umori profondi di ondate consistenti di opinioni pubbliche.
Che il nuovo bipolarismo è quello tra Matteo Renzi e Beppe Grillo, il che non vuol dire che Silvio Berlusconi non rappresenti più tanti italiani, anzi, paradossalmente, seppur decaduto e incandidabilre, il (sospeso) Cav. è sospinto nel ruolo di padre nobile, rassicurante per una parte degli italiani, dai ribellismi differenti, uno costruens e l’altro destruens, e per certi versi opposti di chi invece si sente rappresentato (sulla scena) da Renzi oppure da Grillo.
Che siamo un paese in cui le élites troppo spesso sottovalutano e le masse troppo spesso sopravvalutano qualcuno. Il termine “cosiddette” riferito a élites e a masse è naturalmente ovvio.
Che Enrico Mentana sa fare l’intervista giusta al momento giusto e ha la battuta pronta anche di fronte a un comico d’esperienza come Grillo.
Che le domande possono essere cortesi ma vere.
Che l’enfasi giornalistica sconfina sempre con il complottiamo, e vabbeh, e con il sensazionalismo, ma no, questo no!
Che le iperboli hanno pur sempre qualche limite: c’è differenza, eccome, tra Grillo e Obama, tra i big data con i consigli di Rahm Emanuel e le consulenze della Casaleggio e associati e 4.000 clic su un blog.
Che bisogna consultare autori e/o consulenti di una trasmissione per capire che Darsu era una strana crasi tra Tarsu e Durc.