Il termometro della crisi di Forza Italia

E’ difficile capire ora quanto sia reale e quanto sia “spin” la crisi di Forza Italia. E’ certo che la situazione personale del leader del principale partito di centrodestra, Silvio Berlusconi, ovvero la decisione imminente dei giudici sulla pena da scontare agli arresti domiciliari o più probabilmente con la messa in prova e l’affidamento ai servizi sociali, stia influenzando innanzitutto l’umore e la capacità d’azione dello stesso Berlusconi e dunque del partito, è indubbio che lo stia imballando. A tutto vantaggio, almeno a mezzo stampa, del Nuovo Centro Destra di Angelino Alfano. E forse non potrebbe essere altrimenti. Il problema è che molte altre volte è andata così: quando Berlusconi latita e mugugna nel privato dei retroscena, il suo partito declina e i partiti satelliti prosperano (anche la Lega sta dando segni di netta reprisa grazie a una furba campagna elettorale fatta di proposte referendarie molto popolari e di dàgli all’euro); quando Berlusconi (ri)scende nell’arena, il suo partito si riprende. Soprattutto nei rush finali.

Dunque pochi analisti si azzardano a scrivere la parola “fine”, a parlare di declino definitivo. Certo, l’ultimo declino politico prima o poi arriverà, e ogni volta (la rottura con Pierferdinando Casini, la rottuera con Gianfranco Fini, la rottura con Angelino Alfano) è più probabile, se non altro in ragione del tempo che passa e che è passato per l’esperienza politica berlusconiana. Eppure il rischio di un azzardo analitico poi smentito è ancora rischioso, e questo la dice lunga sulla figura di Berlusconi.

Per fortuna, si potrebbe pensare, ci sono le urne a fine maggio, pronte a mettere ordine e chiarezza, proprio per dire chi sia effettivamente in declino e chi in ascesa. Vero, ma queste elezioni sono europee, sono molto eurocentriche, cadono in una fase di forte difficoltà del Berlusconi cittadino alle prese con la giustizia – in difficoltà più del solito, diciamo – con un governo giovane in tutti i sensi e una campagna elettorale urlata sui temi della tecnocrazia eurofinanziaria. Quindi il campo di gioco non appare certo scevro da forti condizionamenti contingenti. E quindi? Toccherebbe aspettare un’elezione politica pura, magari con la nuova legge elettorale, prima di decretare concluso il periodo berlusconiano del centrodestra. Non è detto però che un appuntamento simile sia dietro l’angolo, anzi.

Allora il vero test del declino (o no) berlusconiano sarà il risultato elettorale del Nuovo Centro Destra. Se il partito di Alfano riuscirà a imporre una propria, forte identità, che non sia soltanto la contrapposizione seppur nello stesso campo d’azione politica al berlusconismo attuale, e se riuscirà a raccogliere un risultato ben superiore al 4 per cento, ma ben superiore, allora sì che giornali, analisti e storici dell’attualità inizieranno a scrivere il capitolo finale.