A proposito di Buttafuoco, modesta proposta ai recensori scrittori che utilizzano la parola “olezzo”

Ho l'onore di non essere amico di Pietrangelo Buttafuoco e anche quello di non aver mai pubblicato un libro. Ho letto, invece, il nuovo libro di Gianni Riotta, recensito dallo stesso Buttafuoco sul Foglio di oggi, e ho lasciato a pagina 60 un recente romanzo dello stesso Buttafuoco. I libri, tutti, possono piacere come non piacere. Del libro di Riotta, "Le cose che ho imparato", Mondadori, mi piacerebbe parlarne in un'occasione non collegata al nome e al cognome di Pietrangelo Buttafuoco.
Mi va pero' di fare a tutti i recensori scrittori una proposta: perche' quando vi accingete a scrivere una recensione non scrivete anche un piccolo box con le informazioni dei vostri libri (casa editrice, sopratttutto se e' la stessa del recensito, copie vendute, temi trattati eccetera)?
Cosi', tanto per non dare la sensazione a chi sa le cose che volete nasconderle e a chi non le sa che la vostra sia una purissima e disinteressata critica per il bene dei lettori e della cultura.
Basta dire infine che nella sua, diciamo, recensione Buttafuoco usa la parola "olezzo" per capire che di purissimo, come stile e come atteggiamento, c'e' poco, poco alquanto.

  • Daniele Bellasio |

    Devo un grazie e una spiegazione a un lettore. Si chiama John. Lo ringrazio di aver letto questo mio post. Mi scuso e spiego perché non ho pubblicato un suo commento: quando si esprimono idee forti, legittime, anche se molto discutibili, non è bello non mettere il proprio nome e cognome, quelli veri intendo. John, comunque, segnalava un possibile conflitto d’interessi di chi scrive perché assunto al Sole 24 Ore da Gianni Riotta. Vera la notizia, non tanto il conflitto d’interessi. Anche perché sarebbe stato doppio, visto che la (non) recensione di Buttafuoco era sul caro e amato Foglio. E Buttafuoco nome e cognome sopra la (non) recensione ce li ha messi. Non credo interessi a molti, ma nell’ordine e nel corso degli anni sono stato assunto da Vittorio Feltri (grazie alla segnalazione di suo figlio Mattia), da Paolo Panerai (grazie a Nicola Porro), da Giuliano Ferrara (che già da molto prima dell’assunzione mi dava pane e idee, grazie alla segnalazione di Sergio Scalpelli) e infine da Riotta. Ma preferisco alla fine pensare che un giornalista sia assunto da un giornale e cerchi di essere un professionista, nel senso del sostantivo più ancora che dell’aggettivo, a prescindere dai rapporti personali. Anche quando scrive del libro di un amico. La rete, come la sfida delle idee, è bella quando serve a metterci la faccia, non a nasconderla. Un saluto

  • Ave Massenz |

    Sto leggendo il libro di Gianni Riotta: non condivido nulla di quanto ha recensito Buttafuoco. Leggo,con dispiacere,acredine nei confronti di un giornalista stimato e scrittore raffinato qual’è Gianni Riotta.Non ho “pennacchi” da giornalista quale è Buttafuoco ma sono una lettrice attenta sia all’informazione che alla lettura di libri.Il volume di Riotta è un intarsio che pochi scrittori sono in grado di intrecciare con stile ed eleganza.La parola che Buttafuoco ha recensito per Riotta è deplorevole.

  • Daniele Bellasio |

    Tutt’altro, mi dispiace aver dato questa sensazione. Me lo dice sempre anche mia moglie: ogni tanto sembro tagliare con le parole. La mia era solo una spiegazione con un ringraziamento per l’attenzione nei confronti della mia biografia professionale

  • Nicola Fusco |

    Ho come la sensazione d’avvertir un certo qual olezzo d’ingiustificata acrimonia…

  • Daniele Bellasio |

    E’ una parola orribile, soprattutta se usata in una recensione del lavoro altrui. Il mio maestro mi insegnò che non si deve usare mai, soprattutto se usata per parlare del lavoro altrui.

  Post Precedente
Post Successivo