Facebook, Twitter, Google e alcune belle domande sulla nuova economia

L'arrivo di Facebook in Borsa è il primo giorno di un nuovo mondo. D'accordo, si dicono spesso frasi come queste, ma la sensazione che sia come il momento in cui sbarcò o (ri)sbarcò a Wall Street la General Motors c'è.

L'economia digitale ha il difetto, ammesso che tale sia, di essere almeno in parte immateriale, come appunto la tanto temuta (oggi) finanza. Ma non è affatto detto che tutto ciò che è immateriale sia anche gassoso, talmente gassoso da creare soltanto bolle.

Certo, gli investitori, se vogliamo "gli speculatori", sfruttano la scia della novità e ne amplificano gli effetti (entusiasti) negli alti e (pessimisti) nei bassi.

Le esagerazioni degli esordi devono certamente indurre tutti alla cautela, ma cautela non significa sottovalutare il potere innovativo del nuovo mondo che arriva a Wall Street, dopo aver colonizzato i nostri pc, i nostri telefonini e le nostre vite.

Ci arriva, questo mondo, perché è all'apice o perché inizia a temere che si stia consolidando sugli attuali parametri la sua spinta propulsiva? Mah.

Come tutte le novità, anche lo sbarco di Facebook in Borsa pone delle domande. La prima: chi sarà davvero il suo concorrente principale? Twitter? Oppure i social network (come settore industriale) si scontreranno sul mercato con i motori di ricerca (come settore industriale)?

O magari ci saranno alleanze infrasettoriali, come per telefonini e computer, come Microsoft con Nokia. Nasceranno mai colossi tipo "Facegoogle"? O, restando in parte nello stesso settore, "Twittinkedin"?

Oppure le convergenze saranno tra macchine e servizi, tra hardware, software e social network? Mah.

Navigheremo di più a partire dai motori di ricerca o dai social network?

Il bello della competizione, del mercato, anche nell'economia in parte immateriale, è che le risposte alle domande non sono mai scontate. E dunque le scopriremo soltanto vivendo (anche nel mondo immateriale).

Ps. La parte immateriale della nuova economia non dovrebbe essere troppo temuta. Del resto anche un'automobile prima di essere un oggetto è stata ed è un'idea. E non è affatto male che le idee abbiano un valore. Meglio ancora se questo valore è e riuscirà a confermarsi alto e magari anche a crescere, creando, per reazione e per emulazione, altre idee e altro valore.

  • salvatore |

    Il problema dell’immaterialità è legato, di fatto, all’impossibilità di fruire universalmente del mezzo, e certamente questo non da’ da mangiare ai più deboli: ma questo credo dipenda dall’impostazione dell’economia globale, non da chi cerca di creare qualcosa di nuovo sulla rete alimentando la “coda lunga” dei bisogni (indotti o reali, poco importa).
    A parte il fatto che a mio vedere Twitter non è esattamente un concorrente di Facebook (hanno scopi e funzionamento piuttosto diversi), quindi secondo me la domanda andrebbe posta diversamente…

  • leprechaun |

    @orsobubu
    Geniale! Questa è la prima volta che vedo utilizzare un argomento già usato da Marx (in realtà non suo, ma di un utilitarista inglese) per tessere le lodi del modo di produzione capitalistico!
    E i piccoli lavoratori autonomi, eccoli là a sprecare in beni voluttuari, non cioè quella roba solida, rigorosa e sostanziosa come le cavolate che si scrivono sui social network.

  • Paquin |

    Eh già… peccato che le idee che nascono nel “vaporware” dell’Internet, anche se buone, non riempiono quasi mai la pancia di coloro che vivono con un reddito medio procapite di 1$ al giorno. Saluti.

  • orsobubu |

    Il “valore” dipende in realtà dal plusvalore estratto dai lavoratori che producono un determinato bene venduto sul mercato e che non hanno ricevuto il corrispondente compenso per il lavoro svolto. Conta poco quindi che il prodotto sia materiale, immateriale, finanziario, ecc, l’importante è mettere al lavoro dei salariati ed estrarre il plusvalore riconvertendolo in capitale fisso (altri mezzi di produzione) e variabile (altri lavoratori), eliminando i piccoli lavoratori autonomi che estraggono poco e quel poco lo sprecano in beni voluttuari.

  Post Precedente
Post Successivo