Il modo migliore per non vedere rispettati i propri programmi è farli e tutto ciò che sembra una sciagura spesso può essere una fortuna. Massì, godiamoci la favola, chissà poi che non sia la vita, no? E poi, dai, di telefilm su donne che cercano di tenere assieme il loro ruolo di madri e il loro normale e ovvio lavoro di detective inseguiassassini ne abbiamo già visti, dunque lasciamo “The Protector” (Fox Crime) ai fanatici delle criminologhe o simili in tv e buttiamoci nella melassa molto Usa di “Hart of Dixie”, su Mya dal 4 settembre in prima serata.
Una ragazza molto bella che si chiama Zoe Hart ed è impersonata da Rachel Bilson (“The O.C.”) pensa soltanto alla carriera, ma non alla carriera in generale, a quella e solo quella carriera. Ama la medicina, ma non la medicina in generale, vuole diventare uno specifico tipo di chirurgo, come suo padre e anche se “mia madre non ha mai voluto che facessi il chirurgo: pensava che le lampade fluorescenti facessero male”. E allora? Sgomita a New York per diventarlo, parla sempre e solo di medicina, ma sgomita troppo e perde di vista l’aspetto umano dei pazienti. Dunque, il suo capo le consiglia un anno di esilio. E’ lo scontro di civiltà tra medicina scienza esatta e medicina arte umanistica. Guarda caso, però, il giorno del discorso dopo la laurea le si avvicina un uomo dai capelli bianchi, un signore dell’Alabama che le offre un lavoro laggiù. “Dove ti porta il cuore”. Più che una risposta, ottiene risate. Sul momento. “Esiliata da Manhattan, questo è il mio purgatorio”. “Qualcuno dica alla gente di questa città che siamo nel XXI secolo”. Sì, all’inizio si strugge, ma poi tra una pomiciata al bel vicino, un giovane avvocato molto gentile, un sindaco ex campione di football e un salvataggio in extremis dalle fauci dell’alligatore Burt Reynolds, la vita va. “Le piccole città hanno i loro vantaggi”. Poi Zoe ritrova il lavoro, in modo diverso, e perfino la verità sulla sua esistenza. Pare poco? Forse troppo americana americana, ma godibile come una favola.