Giuliano Amato spinge il servizio pubblico oltre Chiasso, alè

Buon viaggio intorno al mondo, "a piedi nudi nel Gange", ma anche nelle migliori scuole per ingegneri, nell'economia della conoscenza, nelle regioni dell'outsorcing. E meno male che qui da noi ogni tanto arriva un professore, apre la finestra e si respira aria fresca, aria di fuori. No, no, qui non di politica si tratta, o almeno non di sola politica si tratta, ma di televisione. Pensate voi che sia possibile raccontare il mondo oltre Chiasso, dagli Stati Uniti del boom e della crisi fino all'Oriente più o meno estremo, passando per la Russia e per tornare da noi, e il tutto in una rete nazionale, Rai 3, di domenica, magari allora di pranzo, alle 12 e 55? Ecco, sì, è possibile. E la domanda (retorica) successiva è questa: che cos'altro dovrebbe fare un servizio pubblico? Ecco, sì, quello del professor Giuliano Amato con la trasmissione "Se una farfalla batte le ali…" è da più punti di vista un servizio pubblico. Primo perché spiega a noi italiani italocentrici che la globalizzazione fa sì che se una farfalla batte le ali a Washington può accadere qualcosa anche a Roma, dunque in sostanza che è bene conoscere i fatti del mondo per capire meglio anche i propri. Secondo perché Amato intreccia storia, politica, società ed economia, con qualche tocco di ricordi personali – e da ex presidente del Consiglio e ministro Amato ne ha più di tanti – e con citazioni di libri utili alla causa della conoscenza del paese ritratto. Terzo perché Amato ha il dono della sintesi, non disprezza l'ironia e soprattutto di sottecchi infila nel racconto, chessò, appunto dell'India (quello della puntata di domenica 9 dicembre) sottili allusioni alla realtà italiana. "Di decisioni c'è bisogno per far progredire un paese". Beh, una volta è stato invitato a Nuova Delhi a tenere una lezione sui governi di coalizione. Ma come, in India, nella patria delle contraddizioni e delle mille anime da tenere assieme, delle coalizioni iper-rappresentative? "No, no, nessuno è bravo come voi italiani", dice l'ospite indiano. "Possiamo essere orgogliosi anche di questo", sottolinea Amato. La quarta ragione è che il racconto dura mezz'ora ed è perfettamente confezionato – le puntate sono in tutto 12 ed è appena andata in onda la settimana – per essere raccolto, tappa dopo tappa, in unico giro geopolitico del mondo tra parole, immagini e dati (mai slogan!), in un'antologia della globalizzazione per tutti. Difetti? La musichetta troppo da documentario nei servizi e un eccesso di "spartaneria" (si dirà così?) nella grafica che sovrasta le immagini, ma, si sa, i budget dei servizi pubblici, quando fanno servizio pubblico, non sono luculliani se non hanno il sapore forte del commerciale. Belle contraddizioni anche da noi, come si vede. E Amato è appassionato nel racconto delle due facce di una medaglia, compito perfetto per un professore: le donne indiane al rogo e le donne al potere, le caste e la democrazia, il boom e la povertà, l'italiano che produce il 40 per cento delle caramelle mangiate in India e la questione dei due marò, con quegli occhiali da presbite sempre appoggiati sul naso in modo rassicurante (come sulla prima pagina del Sole 24 Ore come logo del suo editoriale domenicale) e quell'intonazione dei gesti delle mani al flusso delle parole. Sono i paradossi a spiegare al meglio la globalizzazione e le contraddizioni a fare di una nazione un quadro, ecco perché Amato è il prof giusto per la trasmissione giusta. E poi, con la spiegazione del perché per ragioni pragmatiche e non solo ideali la democrazia è il peggiore dei sistemi di governo esclusi tutti gli altri (processi lenti e cauti = più consenso = esplosioni di instabilità scongiurate), ecco finalmente sopita anche una piccola curiosità: chissà come insegna un professore noto per altre più nazionali ragioni? Eccolo.