Ma i social network ci fanno leggere di più o di meno?

Tralasciando la valanga Ruzzle, ormai in metropolitana è più diffuso del giornale (ahinoi!), viene un dubbio anche su Twitter e affini. Ma i social network ci stanno facendo leggere di meno o di più? Meglio o peggio? Quante volte, la sera prima di dormire o appunto in metropolitana, ci balena in mente l'idea di leggere qualcosa per ingannare il tempo, anzi per sfruttarlo per informarsi o per apprendere qualcosa, e subito dopo piomba nella nostra mente il dilemma: leggo un articolo o do un'occhiata a Twitter? E quante volte vince l'articolo o un libro? E quante volte Twitter? Quante volte prevale la curiosità del "social" rispetto al gusto della lettura o del letterario? Io ho qualche timore a fare a me stesso la domanda, dunque la esterno. Come per esorcizzare il problema.

Da una parte, infatti, su Twitter puoi rivivere e condividere un grande libro, per esempio "Limonov", di Emanuel Carrère, tuittato e rituittato. Si creano anche piccoli club di fanatici. Dall'altra parte, però, quante volte un articolo lo abbiamo soltanto intraletto velocemente dopo un clic dal tweet che ce lo segnalava? E quante pagine splendide di "Di che cosa parliamo quando parliamo di Anne Frank", di Nathan Englander, abbiamo rimandato a domani per sbirciare se qualcuno ci ha rituittato quella arguta battuta su Silvio Berlusconi o su #XF6 o su Ballarò. Ecco, la tv.

La televisione è compatibile con i social network. Anzi, tv e social network ormai sono quasi anime gemelle, hanno forti affinità elettive: vedi e tuitti, tuitti e vedi. Il libro no, non è compatibile con il social network. Quindi?

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