Narrazione cercasi, perché Berlusconi è prevedibile anche quando non lo è

La Convenzione per le riforme è "tutto tempo perso", perché "non è prevista dalla nostra Costituzione, richiederebbe dei tempi di approvazione che non farebbero altro che allungare il percorso per il cambiamento". Non ha tutti i torti Silvio Berlusconi, quando spiega la sua posizione a "Mattino 5", proponendo invece di seguire le vie previste dall'articolo 138 della Costituzione.

Si vogliono fare le riforme? Le si facciano. In Parlamento. Anche subito. Se è vero, come non è più tanto vero, che abbiamo la Costituzione più bella del mondo, cambiamola con le norme previste dalla Costituzione più bella del mondo, no? Fare qualcosa, la Convenzione, per fare qualcosa, le riforme, è di per sé un allungamento dei tempi e delle procedure. Poi, certo, ci sarà anche un po' di senso di rivendicazione: non mi volete come presidente della Convenzione?, allora niente Convenzione.

Non ha tutti i torti e soprattutto in questo non è certo imprevedibile. Berlusconi, infatti, fece saltare a un passo dal traguardo la commissione Bicamerale guidata da Massimo D'Alema (e lo stesso D'Alema ancora un po' ci soffre). Poi riscrisse la seconda parte della Costituzione – Devolution, taglio dei parlamentari, nuovo Senato e poteri del governo e del premier compresi – con qualche saggia discussione a Lorenzago in bermuda e poi in Parlamento con la sua maggioranza. Oggi perché dovrebbe cambiare linea?

Inoltre, pensa Berlusconi, non è bene che sia il Partito democratico a dettare la narrazione – con il permesso di Nichi Vendola – di questa fase di governo e di Parlamento. E' un'idea bersaniana quella di affiancare al governo una Convenzione per le riforme; è un'idea bersaniana quella del doppio binario. Certo, Pier Luigi Bersani la pensava per fare la politica dei due forni – al governo con pezzi di 5 stelle e le riforme con il Pdl e Scelta civica – mentre ora Enrico Letta, già dal discorso parlamentare per la fiducia, ha puntato sulla Convenzione per rafforzare la maggioranza stranissima e il governo "di servizio". Per dare un senso a questa storia… come direbbe Vasco Rossi.

Una narrazione serve, basta leggere Giuliano Ferrara tutti i giorni sul Foglio o ascoltarlo su Radio 24.it per capirlo, se no un esecutivo entra in crisi d'identità e finisce nel giro di due settimane in ritiro in un'abbazia in toscana. Ops. Ma – pensa Berlusconi – la narrazione, almeno quella, voglio davvero detterla io, visto che il governo lo guidano loro. A Berlusconi potrebbe bastare, come narrazione, quella della pacificazione, ma il caso di Francesco Nitto Palma dimostra che per il Pd questa narrazione è ancora indigesta, soprattutto in clima di processo Mediatrade.

In più, visti i nomi dei ministri (nessun esponente del Pdl, Angelino Alfano a parte, è un fedelissimo berlusconiano), Berlusconi considera questo governo sì amico, ma "dagli amici mi guardi Dio…". Insomma il Cav., comunque, non vuole frapporre troppi ostacoli tra sé e il suo eventuale, futuro desiderio di andare alle elezioni prima possibile.

Resta, però, il problema della narrazione, anche per lui, un problema che rischia con il tempo di danneggiare il centrodestra. Per ora Berlusconi se la cava con "l'incaponimento", come l'ha definito Irene Tinagli, deputata di Scelta civica, a Radio 24, sull'Imu. Ma anche qui era prevedibile: ha rimontato e giocato tutta la campagna elettorale su questo tema, chi può pensare che lo molli? Piuttosto è strano che il Pd stia dimenticando, tutto preso com'è nella gara per il segretario o il reggente (ma non per il leader, visto che nessuno dei leader veri, cioè Matteo Renzi, Enrico Letta, Fabrizio Barca, Sergio Chiamparino, è in campo), dicevamo, piuttosto è strano che il Pd non si stia incaponendo sul tema degli esodati o del lavoro (anche se per la verità Letta ha promesso provvedimenti di emergenza in materia).

Insomma, anche sull'Imu Berlusconi era ed è prevedibile. L'Imu è perfetta per tenere sotto scacco e osservazione e minaccia la maggioranza stranissima, ma come narrazione prima o poi finisce. Bene o male.

Dunque, caro Enrico Letta, che senso diamo a questa storia? Ne sapremo di più dopo il ritiro in abbazia. Vedrò.