Scrivere un libro su Matteo Renzi oggi è la cosa più inutile del mondo perché Matteo Renzi il suo libro sta iniziando a scriverlo ora. Allo stesso tempo, però, anche dei film migliori vanno letti i titoli del comincio, no? Anche per tentare di capire che film sarà. Ecco, allora, tanto vale andare a leggere il libro su Matteo Renzi scritto da chi su Matteo Renzi ne ha già scritti due, cioè David Allegranti. Il (nuovo) libro s’intitola “The Boy – Matteo Renzi e il cambiamento dell’Italia” (Marsilio, 180 pagine, 14 euro) e richiama il “The Boy. Tony Blair e i destini della sinistra”, volume Mondadori scritto da Andrea Romano nel 2005. L’allusione che Allegranti, fiorentino del Corriere fiorentino, fa a Blair nel parlare di Renzi è poi rafforzata anche dalla citazione di Peter Mandelson scelta per la quarta di copertina: “In politica a volte bisogna essere spietati”. E che un po’ di cattiveria ci voglia lo si diceva anche qui, poco tempo fa. Bene. Vale la pena leggere il libro di Allegranti perché davvero è il ritratto più da vicino del fenomeno del momento: Renzi e il renzismo. Sottovalutate il ministro Maria Elena Boschi? Leggetevi il libro di Allegranti. Non siete convinti che il vero (nuovo) bipolarismo sia tra Renzi e Grillo? Leggetevi il libro di Allegranti. Non vi capacitate di come abbia inanellato una serie di vittorie in fila e veloci (e pure però una sconfitta superata indenne) che neanche Antonio Conte? Leggetevi il libro di Allegranti. Non capite perché la velocità è tutto in un leader moderno? Leggetevi il libro di Allegranti. Volete conoscere il Partito della Leopolda e il Ciglio magico? Leggetevi il libro di Allegranti. Siete curiosi di capire la natura di un sindaco e di un patto tra sindaci (vedi l’intesa con Graziano Delrio)? Leggetevi il libro di Allegranti. Volete andare all’origine delle parole d’ordine del renzismo? Leggetevi il libro di Allegranti per ricordare i Popolari, la Margherita, i meriti di Francesco Rutelli, l’eco di Walter Veltroni, le prime rottamazioni.
Il libro, nonostante sia un pamphlet, genere librario che per molti versi andrebbe abolito (si scherza, siamo liberali qui, o almeno si tenta, diciamo che andrebbe dosato meglio come genere, dagli editori s’intende, gli autori non hanno colpe), è scritto bene e scorre via liscio come la carriera politica del soggetto ritratto. Pone gli interrogativi giusti ed è esaustivo nel dettaglio cronistico come nell’analisi politica. Però, però… su due punti si possono fare due critiche da estimatori, anzi tre.
La prima. Si dice, molti dicono, che uno dei problemi forse il problema di Matteo Renzi è che tende allo “one man show” e non ha una squadra, tanto meno un vice fidatissimo. Ecco, se è in dubbio un certo qual “protagonism-attivismo” del premier, qualche dubbio in più c’è sul fatto che nel tempo non si sia costruito un mondo una squadra. Per non parlare del ruolo di Delrio. Leggetevi il libro di Allegranti e potrete dire se vi piace o no, la squadra, il mondo, però l’elenco è lungo assai: Delrio, Nardella, Boschi, Reggi, Bonafè, (maestro) Filippo Sensi, Carrai, Gori, Farinetti, Baricco, Lotti, Guerini, Da Empoli, sono solo alcuni nomi e per di più messi a caso, ma sono tanti e sempre di più. Sarà pure One man show, ma la band ha parecchi fiati.
Il secondo appunto. Poteva e può essere approfondito di più un aspetto, l’aspetto forse decisivo dell’ascesa di Matteo Renzi, in parte sollevato da Ezio Mauro in una recente intervista a Salvatore Merlo sul Foglio: Renzi è la risposta della sinistra e da sinistra a Beppe Grillo e al vuoto di leadership nazionale. Cioè il centrosinistra, anche nella sua componente più scettica nei confronti dell’ex sindaco di Firenze, sta accettando la leadership di Renzi perché la interpreta come strumento per vincere le elezioni, per governare al posto di Silvio Berlusconi e per frenare la marea grillina. Giusto o sbagliato che sia, questa è una ragione forte dell’arrivo di Renzi a Palazzo Chigi.
Terza e ultima spigolatura. Il problema non è la squadra, semmai la cornice. Renzi una squadra, seppure a geometria variabile, ce l’ha, ma sfugge la cornice, non diciamo ideologica, ma possiamo magari dire “politica”, per non scomodare l’“ideale”, della sua azione. Oppure i giornalisti che si sono cimentati finora su di lui e sul renzismo si sono soffermati soprattutto sulla personalità, sulle singole proposte, sul modo di comunicare, ma la cornice ideale? Quella, appunto, ancora sfugge, in una girandola di riferimenti a La Pira, i boy scout, Obama e dintorni. La domanda è: qual è l’equivalente fiorentino della Terza via clintoniana o del New Labour blairiano? L’ideologia del cambiamento e/o del cambia verso basta? Non è nemmeno detto che una cornice ci voglia, la domanda però è legittima.
Il libro di David Allegranti sarà presentato giovedì 15 maggio a Milano alla sala eventi de Linkiesta, via Melone. Con l’autore ci saranno anche il direttore de Linkiesta, Marco Alfieri, e Maurizio Belpietro, direttore di Libero.