Forza Europa a Milano, con Emma Bonino, Benedetto Della Vedova, Francesco Rutelli e Mario Monti, sabato, presente anche Giorgio Gori, sindaco di Bergamo (e aspirante candidato alla presidenza della Lombardia?), ha rimesso la palla dell’integrazione continentale al centro di un dibattito (per una volta) dai toni positivi. Centristi per l’Europa a Roma, con Pierferdinando Casini, il ministro Gian Luca Galletti e il deputato Gianpiero D’Alia, ha fatto più o meno la stessa cosa. Perfino l’intervista doppia incrociata del weekend tra Silvio Berlusconi e Matteo Salvini sull’Europa (e sull’euro) ha trovato il terreno (di contenuto) di contesa, oltre al contorno di diatribe su leadership, alleanze, primarie.
Che l’Europa sia il cuore della prossima campagna elettorale è perfino ovvio e scontato, dopo anni di crisi dell’economia e dunque del processo di integrazione europea. Non accade e non accadrà certo soltanto da noi. Basti pensare all’Olanda di Gert Wilders e Mark Rutte, alla Francia di Marine Le Pen ed Emmanuel Macron, ma anche alla Germania di Angela Merkel, Martin Shulz e l’emergente Adf. Da noi però il tutto assume un peso particolare e racconta una storia diversa.
Siamo infatti stati per anni un paese a forte maggioranza europeista, anche perché molti italiani vedevano (vedevamo) nel vincolo/stimolo esterno europeo il grimaldello per ottenere riforme della politica e delle istituzioni del nostro paese. Da una retorica pigramente europeista, però, siamo passati nel giro di pochi anni, se non mesi, a una retorica altrettanto pigramente antieuropeista: altro che grimaldello per le riforme, ora è tutta e sempre colpa dell’Europa.
L’evoluzione del pensiero europeo italiano dunque inciampa e l’electorali’s karma crea il nuovo bipolarismo: fronte europeista contro fronte antieuropopulista l’un contro gli altri armati di parole. Il clima però da urne incombenti rischia di non favorire una sincera riflessione sull’Europa. Insomma, è positivo che lo scenario europeo irrompa in campagna elettorale, ma il mero fine elettorale non dovrebbe stravolgere il senso concreto di proposte per migliorare la natura di questa Europa né l’Europa deve essere soltanto un pretesto simbolico per nuovi partiti e partitini.
Non è certo il caso di Forza Europa. Perché l’evento milanese con Bonino & Co. ha grandi meriti (macroniani, diciamo): è apparso vivo e certamente non (soltanto) elettorale nella prospettiva. Ha colmato con l’autorevolezza delle persone che hanno preso la parola una carenza reale nel dibattito nazionale. Però ha riscosso anche commenti critici come quello di Sergio Rovasio su Facebook. Rovasio è un radicale storico, da 35 anni iscritto al pr, per 30 al fianco di Marco Pannella, è stato anche assistente di Emma Bonino. In un post ha scritto: “Bonino: ‘questa Europa è stata un successo…’! #Nocomment #Spinelli&Pannellarivoltatinellatomba”. Ecco, questo è il punto: non serve osannare questa Europa per dire che serve più Europa e che il progetto, sebbene imperfetto, è fondamentale e vivo.
Nella battuta da social di Rovasio c’è la sintesi di un pensiero europeista che merita ascolto anche se, in parte, ha anche dato adito a correnti di pensiero su cui poi hanno marciato alcuni cosiddetti populismi. Altiero Spinelli prima e Marco Pannella poi non hanno certo sbagliato a chiedere un’Europa che non fosse soltanto un’Europa finanziaria, monetaria, libero-scambista. Semmai proprio l’assenza di un’Europa capace di dare risposte politiche efficaci ai bisogni dei cittadini è all’origine dell’attuale crisi di consensi per l’Unione. Alcune idee scagliate oggi dai populismi come sassi pretestuosi contro il palazzo di Bruxelles nascono da giuste considerazioni. Non bisogna dire che l’Europa è un successo per ribadire che l’Europa è il nostro presente e il nostro futuro.
E’ giusto ricordare le cose che hanno funzionato, come ha spiegato il presidente della Bce, Mario Draghi: senza Europa e senza euro la crisi sarebbe stata molto più dolorosa per gli stati e i cittadini europei. Ma è giusto anche ricordare che se i cittadini europei non sono soddisfatti al punto di essere tentati di consegnare maggioranze elettorali a partiti che vogliono la fine del progetto europeo vuol dire che il progetto europeo va migliorato, non è ancora stato un successo, ma potrà esserlo in futuro, se alla retorico pro e contro saranno preferite le proposte concrete e le iniziative popolari a sostegno dell’Ue. Per queste ragioni Forza Europa dev’essere un incoraggiamento a far meglio, non un sedersi su presunti allori. Del resto la stessa Bonino sabato ha detto: “Io sto soprattutto con chi vuole difendere questo progetto europeo, migliorarlo, andare avanti e non prendere sempre l’Europa come capro espiatorio di tutti i nostri mali. Questo è facile ma è illusorio e non serve a niente. Sto con quelli che pensano che certamente ci sono delle falle, ma che vogliono andare verso gli Stati Uniti d’Europa. Tornando a 28 staterelli non capisco quali problemi si risolverebbero”.