Maurizio Lupi ci sta pensando davvero: lasciare il ministero delle Infrastrutture e dei trasporti, andare a Strasburgo come eurodeputato dell’Ncd e da lì marciare su quel che resta del centrodestra italiano per rimettere assieme i cocci di una coalizione che fu vincente e fu perfino partitone a vocazione maggioritaria prima di (ri)dare vita a partiti e partitini. Perché ci sta pensando e perché Lupi? Intanto, Lupi è un politico esperto (classe 1959) ma con la faccia da ragazzo, come Tim Geithner, allora segretario al Tesoro americano, diceva di sé tempo fa. Come Matteo Renzi corre le stracittadine e gioca a calcio, ma questo è l’aspetto ludico. Come Matteo Renzi ha un’origine in qualche modo democristiana e cittadina: dal 1993 al 2001 ha avuto una solida carriera da amministratore milanese. Più seriamente può contare su una solida base di consensi movimentisti, l’area di Comunione e liberazione, ma ha esperienza di partito come di governo come istituzionale (è stato vicepresidente della Camera). E’ cattolico, ma non è troppo connotato sulle battaglie culturali legate ai temi etici, è più che altro interpretato come un politico del fare (è lo spirito dei tempi, già). Sa parlare come mangia. Ha buoni contatti con il mondo delle imprese, ma non passa per un turboliberista. Raccoglie voti, 46.414 preferenze alle Europee, con uno stile che sa anche essere informale (è lo spirito dei tempi, già). Ha dato vita al Nuovo centrodestra, ma è l’esponente del partito alfaniano che più è stato capace di non attaccare la casa madre berlusconiana. Insomma è “il meno traditore dei traditori”. Guarda caso, è il successore al ministero (almeno per la parte Infrastrutture e trasporti) di quel Corrado Passera che si propone, anche lui, di creare una nuova grande casa dei cosiddetti moderati italiani. Può dialogare bene con Matteo Salvini (tra l’altro Lupi piace ai leghisti anche appunto in proiezione milanese), Raffaele Fitto, Alessandro Cattaneo, Giorgia Meloni e lo stesso Passera. Forse non è così giovanotto da trovarsi a suo agio in una Leopolda di centrodestra, ma ci può provare a fare qualcosa di simile. E per iniziare un qualunque dialogo con Silvio Berlusconi ha comunque almeno il comune amore milanista come prima scelta. Di Lupi si parla anche come di un possibile candidato sindaco di Milano tra due anni, dunque il ministro potrebbe pensare che una stagione di politica politica, fuori dalle stanze di un ministero e libero dalla disciplina di governo, nella migliore delle ipotesi possa portarlo a essere l’artefice, uno degli artefici, della rinascita di qualche forma di centrodestra, nella peggiore e meno ambiziosa ipotesi potrà investire il credito politico conquistato nella corsa a sindaco della sua città. Ci sta pensando davvero.
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