Si diceva: come stanno partendo le campagne elettorali dei principali candidati a sindaco di Milano finora in campo?
Della candidatura di Corrado Passera, essendo la più longeva, si era un po’ già detto: “Non si sa con certezza se e come in politica si possa dare un po’ di calore alle cose, ma è quello che ancora manca alla corsa di Corrado Passera“. Ora però che si entra sempre più nel vivo si può provare ad aggiungere qualcosa, soprattutto cercando di interpretare, con qualche malizia ovviamente presente negli occhi di chi guarda, il senso politico che una candidatura così particolare può avere.
Ecco, la candidatura di Corrado Passera, sebbene sul fronte opposto, ha alcuni tratti in comune con quella di Pierfrancesco Majorino. Intanto anche Passera è partito da tempo, ormai sono otto mesi. Anzi, proprio a lui spetta il riconoscimento di primo candidato sceso ufficialmente in campo (il 6 giugno 2015). Questo riconoscimento depone a favore della sua determinazione, della sua costanza e della scelta di non abbondare in tatticismi. Certo, la mossa è stata scaltra e in parte obbligata: così facendo ha dato al suo partito un campo di azione e di gioco alternativo allo stabile vuoto politico romano creatosi attorno al “Renzi piglia tutto e Grillo contro tutto e tutti“, e che noia! Ma la scelta di Passera ha comunque denotato coraggio: l’ex ministro ed ex banchiere si espone, rischia e spende il suo capitale (politico e non soltanto) in una corsa (almeno all’inizio) solitaria.
Inoltre l’ex ministro (come peraltro l’assessore Majorino) non ha certo aspettato l’ok di qualche partito, anzi, semmai, ha schierato da subito il proprio movimento Italia Unica su un campo decisivo come quello di Milano, comprendendo quindi per tempo il valore politico più generale della gara per la successione a Giuliano Pisapia in questa fase storica, e appunto esponendosi in prima persona.
Infine quella di Passera, tra quelle finora in campo, è sicuramente la candidatura più distante da Matteo Renzi (e da Giuseppe Sala). Il che può essere un azzardo, ma è certamente una strategia chiara.
Per quest’ultima ragione e per la partenza di lunga data, ma anche per altre ragioni, quella di Corrado Passera è la migliore candidatura possibile per il centrodestra tutto, eccetto una: quella di Paolo Del Debbio. Il tosco-milanese, prof., giornalista, uomo della tv e già stimato assessore a Milano nella giunta Albertini, sarebbe infatti il candidato più forte, per notorietà nazionale e buona fama cittadina. Inoltre, avrebbe il grande vantaggio di mettere tutti subito d’accordo gli alleati passati, presenti e futuri di quel che resta del centrodestra.
Ma, escluso Del Debbio, chi meglio di Passera per il centrodestra? Vediamo.
L’ex ministro ha scelto di far giocare a Milano, e dunque alla sua candidatura, un ruolo nazionale in opposizione a Renzi – continua a parlare anche di temi nazionali, correndo un rischio, quello di sembrare più interessato a una partita romana che all’amministrazione di Milano, ma facendo una scelta che dovrebbe essere gradita al centrodestra tutto – ma anche un ruolo locale, in opposizione alla uscente “giunta di sinistra” (da notare come in un recente video pubblicato su Facebook lo stesso Passera, implicitamente rivolgendosi agli elettori di centrodestra, abbia sottolineato quel “giunta di sinistra da mandare a casa).
Passera poi non arretra neanche sul piano del contraddittorio con la bella narrazione della favola Expo, dunque sul fronte del contrasto alla candidatura di Giuseppe Sala: continua infatti a chiedere conto dei (veri) conti di Expo2015 (a quando l’incontro dibattito chiesto dall’ex ministro?) e ad attaccare su questo fronte, correndo un grosso rischio, quello di apparire uomo del no anche di fronte a un indubbio successo nazionale, ma facendo una scelta che dovrebbe essere gradita al centrodestra tutto.
Oltre a queste due buone ragioni, si può anche dire che al centrodestra tutto può risultare utile un candidato che sia fuori dai tradizionali partiti di centrodestra: se perde, perde soprattutto lui; se vince, vince tutto il centrodestra.
Un sostegno a Passera potrebbe anche essere un sostegno con quei tanto evocati tratti “civici”, in quanto in fondo è un uomo più della società civile che della politica, almeno gli occhi di un’ampia fetta dell’elettorato di centrodestra, magari proprio quella fetta tentata dall’idea di votare Sala per la stessa ragione. Se poi è vera la tentazione berlusconiana di non presentare simboli di (suo) partito alle Amministrative, quale occasione migliore? Voilà: si può scegliere un candidato non di (suo) partito, affiancargli liste civiche e magari scommettere sul rilancio del centrodestra quanto meno lombardo-milanese affidato alla costanza, anche qui spontanea e movimentistica, dell’esperienza della forza politica “Noi per Milano” messa in moto dall’intraprendente Nicolò Mardegan, capace di andare oltre le divisione tra FI, Ncd e dintorni prima di molti altri e senza rompere in malo modo e del tutto con nessuno (e anche lui partito nella gara milanese per tempo, a fine maggio del 2015).
Della necessità di aprire a tutte le istanze “civiche” per il centrodestra ha spesso parlato anche Mariastella Gelmini, leader di Forza Italia in Lombardia, che astutamente non ha mai chiuso del tutto la porta di fronte al possibile sostegno del centrodestra a una candidatura Passera. Anzi, sei mesi fa disse: “Passera è un grande manager ma le prime uscite non mi hanno convinto”. Le prime uscite, e ora? Ora che la campagna elettorale dell’ex ministro è incentrata sulle “sicurezze” da dare ai milanesi, ovvero su una parola d’ordine anche securitaria che dovrebbe piacere al centrodestra tutto? Ora che al centro della promessa di creare 25 mila posti di lavoro a Milano – ricorda qualcosa la promessa elettorale di una cifra precisa di posti di lavoro al mondo berlusconiano? – c’è l’idea di un piano di privatizzazioni, cioè di un programma che dovrebbe essere gradito almeno alla componente più liberale del centrodestra?
Certo – si dice – ma c’è il problema della Lega nord che non accetterà mai un ex ministro del governo Monti. Vero, ma intanto Passera almeno – “almeno” dal punto di vista dei leghisti – non seguì poi Mario Monti nella sua esperienza di Scelta civica. Inoltre lo stesso Passera con la Lega in passato ha dialogato eccome: si ricorda la sua presenza da ministro agli Stati generali del Nord di maroniana ispirazione come si ricordano i frequenti attestati di stima con il già leader leghista e sindaco di Verona Flavio Tosi e il suo mondo padano. Pare peraltro che anche al governatore Roberto Maroni Passera non dispiaccia.
Dice: ma non lo ha scelto Berlusconi, non ha chiesto il permesso a Berlusconi, Berlusconi non si fida di lui, Berlusconi non lo accetterà mai. Beh, chi lo dice sottovaluta (ancora, dopo vent’anni!) la capacità tattico-manovriera del Cav. che a Milano vuole soprattutto non (ri)perdere lui. Certo, il sogno del calciomercato resta Del Debbio. Ma se poi da Milano si mangia Forza Italia e pure la Lega salviniana?
Per il centrodestra (e soprattutto per Berlusconi) la sfida migliore a Milano sarebbe “Sala versus Passera”. Non perderebbe (o potrebbe dire di non aver perso) del tutto in nessuna delle due ipotesi di vittoria, vincerebbe (o potrebbe dire di aver vinto) qualcosa in entrambe le due ipotesi di vittoria.
Gran bella partita e decisiva su molti fronti quella di Milano.