Il lavoro di Alfano tra la tattica e la strategia

Il problema dei nuovi partiti non ancora certificati nella loro solidità e non ancora provati nella loro compattezza è che hanno spesso bisogno di un rivale esterno o almeno di un contraltare dialettico per affermare la loro identità. Soprattutto se e quando il clima è elettorale; soprattutto se e quando c’è aria di crisi o almeno di fronda interna. Il rivale esterno può essere un soggetto politico preciso, di solito è la forza politica madre, quella dal cui sen si è fuggiti. Il contraltare può essere un tema specifico o uno scenario politico generale non gradito in quanto sfavorevole. E’ quello che sta accadendo, ed era prevedibile, al Nuovo centrodestra di Angelino Alfano.

Le elezioni europee si avvicinano. La campagna elettorale è partita con tanto di presentazione delle liste (e relativi malumori). Il rivale esterno, in questo caso Silvio Berlusconi, è tornato, ma soprattutto sta per tornare in campo, per quanto può. Lo scenario politico generale non butta bene per l’Ncd: il governo Renzi corre, ma nei sondaggi corre soprattutto Matteo Renzi, perfino più del suo partito, il pur beneficiato Partito democratico. Beppe Grillo è ormai sempre più lo sfidante/oppositore di tutto e di tutti.

Che fare per esistere? Che fare per rinsaldare le truppe un po’ malcontente per via delle nomine e delle liste molto alfaniane? Risollevare una battaglia su un fronte caldo, il lavoro, è un buon modo per affermare identità, garantire unità e avere visibilità. Il tutto, però, se non si ha un punto di caduta concreto e ben valutato può apparire frutto della tattica contingente e capace di coprire uno spazio ridotto.

Insomma, siamo alle solite, se non è messa al servizio di una strategia la tattica può essere controproducente. E’ il rischio che corre oggi il Nuovo centrodestra, ma riguarda (prima o poi) tutte le forze politiche.